Gli Stati Uniti perseguitano il dissenso: l’arresto di Mahmoud Khalil e la guerra contro le voci per la Palestina 

Mahmoud Khalil, attivista palestinese e residente permanente negli Stati Uniti, è attualmente detenuto dal Immigration and Customs Enforcement (ICE) per il suo coinvolgimento nelle proteste a favore di Gaza che si sono svolte lo scorso anno alla Columbia University. L’arresto è avvenuto nonostante non siano mai state fornite prove concrete su presunti contatti diretti con Hamas o sul fatto che Khalil avrebbe fornito supporto materiale al gruppo.

Gli avvocati difensori hanno già annunciato l’intenzione di presentare una mozione per respingere la petizione, sostenendo che New York non rappresenta la giurisdizione appropriata per il caso. La difesa di Khalil ha inoltre affermato che il giovane potrà finalmente entrare in comunicazione con i suoi legali nei prossimi giorni, dato che fino a quel momento non avevano avuto alcun contatto con lui da quando era stato trasferito a centinaia di chilometri di distanza. Uno degli avvocati ha anche denunciato apertamente l’impossibilità di comunicare con il loro cliente, sottolineando le difficoltà e le restrizioni imposte a causa della distanza.

Fuori dal tribunale, una folla di sostenitori ha manifestato mentre Shezza Abboushi Dallal, un altro legale di Khalil, ha letto una dichiarazione della moglie incinta di Khalil, che ha accusato gli Stati Uniti di “rapimento” e ha chiesto il rilascio immediato del marito, sottolineando come la sua detenzione stia distruggendo la vita della loro famiglia. 

La base “legale” dell’arresto

L’arresto di Khalil si fonda su una norma dell’Immigration and Nationality Act (INA), che consente di espellere chiunque sia ritenuto una minaccia per gli interessi di politica estera degli Stati Uniti. In particolare, si fa riferimento a una sezione che permette l’espulsione di stranieri la cui presenza potrebbe compromettere le politiche estere americane. Questa giustificazione rimanda alle pratiche del periodo della Guerra Fredda e della “caccia alle streghe” dell’era McCarthy, che miravano a reprimere qualsiasi attività politica considerata sovversiva.

La motivazione ufficiale del governo si concentra sul fatto che le proteste organizzate da Khalil, in particolare quelle “contro Israele”, siano state descritte come antisemite e abbiano creato un ambiente ostile per gli studenti ebrei alla Columbia University, minando “la lotta dell’amministrazione americana contro l’antisemitismo”. Tuttavia, critici e difensori dei diritti civili hanno sottolineato che non vi sono prove che giustifichino una tale accusa, e che la libertà di espressione, garantita dal Primo Emendamento della Costituzione, è stata nuovamente violata. Essi hanno denunciato che l’accusa di antisemitismo contro chi critica Israele è considerata ancora una volta un pretesto per reprimere la legittima critica a Israele e alle sue politiche.

Khalil è stato arrestato nonostante fosse un residente permanente degli Stati Uniti, e la sua green card gli è stata revocata al momento dell’arresto. Inizialmente, si era parlato di un possibile legame con il terrorismo, ma poi si è fatto riferimento alla norma dell’INA che consente l’espulsione di chiunque venga considerato una minaccia per la politica estera statunitense. Questo argomento è stato utilizzato per giustificare l’arresto, ma molti osservatori hanno messo in discussione questa applicazione della legge, suggerendo che stia avvenendo una criminalizzazione del dissenso politico.

La detenzione di Khalil fa parte di una strategia più ampia che sembra mirare a soffocare le voci critiche nei confronti di Israele negli Stati Uniti. Le dichiarazioni del governo e la retorica dell’amministrazione Trump sono chiaramente orientate a reprimere i movimenti per la liberazione della Palestina, a criminalizzare il sostegno ai diritti dei palestinesi e a impedire che le voci critiche a Israele prendano piede nel dibattito pubblico. Un’altra misura presa dall’amministrazione Trump ha riguardato la minaccia di ulteriori azioni simili nei campus universitari e contro altre organizzazioni di attivisti per la palestina.

L’arresto di Khalil ha suscitato la condanna di molte organizzazioni per i diritti umani, avvocati e membri del Congresso, che hanno denunciato l’illegalità e la pericolosità di queste azioni. Secondo Baher Azmy, direttore legale del Center for Constitutional Rights, l’arresto di Khalil rappresenta un pericoloso passo verso una repressione politica simile a quella della McCarthyism, minando i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti.