Qualche giorno fa Rutelli, considerato un intellettuale di sinistra, era su Rai 1 a pubblicizzare il suo ultimo libro su Roma.
Nel voler dare sfoggio della sua cultura ha spiegato che la parola “moneta”, usata in tutto il mondo, deriverebbe dal fatto che la zecca era vicina al tempio di Giunone Moneta e che era così chiamata perché i guerrieri si recavano a quel tempio per essere “ammoniti” ( = avvertiti/consigliati < monere) e che tale responso veniva tratto dall’osservazione del volo degli uccelli da parte degli aruspici.
Bene, mai sentita una simile sequela di “fregnacce” (per usare un termine a lui caro).
Il tempio di Giunone Moneta venne così chiamato in seguito all’episodio delle oche a lei sacre che avvertirono dell’attacco dei Galli di Brenno nel 396 a. C.
Gli aruspici, invece, com’è noto, non effettuavano auspicia ( < aves spicio = guardo gli uccelli, a questo si dedicavano gli àuguri) ma effettuavano gli “extispicia”, cioè il controllo delle “exta”, ovvero delle viscere degli animali sacrificati ed, in particolare, del loro fegato, disciplina che avevano ereditato dagli Etruschi, così come testimonia il cosiddetto “Fegato di Piacenza”.
Nel 408 d.C., sant’Innocenzo papa permise agli auruspici fulguratores di effettuare un rito pagano per lanciare fulmini contro i Visigoti di Alarico che assediavano Roma.
Chissà quante altre amenità ci riserverà nel suo libro il nostro eroe!