“Suo figlio deve mangiare la carne di maiale e deve frequentare l’ora di religione cattolica”, questo, in sintesi, il contenuto sconcertante della sentenza emessa dalla Seconda Sezione Civile del Tribunale di Pavia il 10 marzo del 2021, in risposta al ricorso presentato da Khaled Bahri, cittadino tunisino e padre del piccolo Haroun.
Tutto inizia quando Khaled Bahri, adetto alle pulizie e magazziniere di quarantadue anni residente in Italia dal 2013 si separa dalla madre di suo figlio Haroun, nato nel 2015, in quel momento inizia il suo calvario, come ultimo passo la madre infatti non rispetta la decisione del giudice che stabilisce l’affidamento condiviso del bambino.
Khaled presenta quindi ricorso denunciando il fatto che la madre negli ultimi 16 mesi gli avesse negato il diritto di passare il week end con suo figlio, nel ricorso denuncia inoltre le decisioni riguardanti l’educazione religiosa del figlio che la madre avrebbe preso in totale autonomia contravvenendo anche alla norma che prevede il consenso di entrambi i genitori per l’iscrizione all’ora di religione.
Nello specifico chiede che Haroun non frequenti l’ora di religione cattolica e non mangi carne di maiale a scuola avvalendosi della dieta riservata agli alunni musulmani.
Questo è stato il responso dato dalla sentenza firmata dalla presidente del Collegio Giudicante la Dott.ssa Marina Bellegrandi:
“La madre, pur non essendo cattolica, ritiene che l’ora di religione costituisca un arricchimento culturale per il figlio e che sia bene che quest’ultimo possa rimanere con i compagni nelle ore in cui si svolge quell’insegnamento. Il ricorrente, invece, non vuole che il bambino partecipi all’insegnamento della religione cattolica.
Il Collegio, dovendo risolvere il contrasto tra i genitori, non può che decidere avendo a mente l’interesse del bimbo e ritiene a tale riguardo che l’integrazione di Haroun nell’ambiente in cui vive, necessaria per una sua crescita serena nonostante la conflittualità tra i suoi genitori, imponga di evitare ogni possibile trattamento diverso dai compagni e dunque debba consentirgli di mangiare ciò che mangiano gli altri bimbi e di partecipare alle lezioni di religione che, notoriamente, sono seguite dalla maggior parte degli alunni della scuola primaria…
…Del tutto ingiustificata sarebbe poi, per lui, la privazione di alimenti, che possono piacergli e che non sono dannosi per la sua salute, semplicemente per il volere di uno dei due genitori, non condiviso dall’altro genitore.
Infine, a fini di completezza, il Tribunale non può fare a meno di notare che il ricorrente, il quale pretende di imporre un rigido regolamento alimentare al figlio, ha personalmente trasgredito i precetti dell’Islam, assumendo alcool…” (Il riferimento è ad un fatto avvenuto anni fa, ndr)
Pertanto il Tribunale dispone: “che il minore segua a scuola un’alimentazione priva di restrizioni; e che il minore sia iscritto all’ora di religione a scuola”
Con queste parole i giudici derubricano il sentimento religioso del genitore ad un rango inferiore rispetto a quelle che sarebbero le consuetudini maggioritarie nell’ambiente scolastico del figlio, dimostrando di non avere nessuna considerazione nè comprensione dei diritti religiosi dei cittadini sanciti dalla nostra Carta Costituzionale e dalle convenzioni internazionali in materia di diritti umani. La decisione, le sue motivazioni e i termini utilizzati per esprimerla appaiono dunque sconcertanti a chi abbia coscienza del fatto religioso e del diritto.
Bisogna sapere inoltre che Haroun non è stato battezzato, ma è stato circonciso e i genitori gli hanno dato un nome della tradizione islamica, fino a quando ha vissuto con entrambi i genitori il problema non si è mai posto ma ora, come ci racconta Khaled: “la madre ha deciso in totale autonomia, come se io non esistessi, ha addirittura falsificato il modulo per la scelta dell’opzione religiosa a scuola e sull’alimentazione ha fatto lo stesso, sono venuto a saperlo dalla scuola, non mangiando il maiale non offende mica la cultura di sua madre, invece per me è una cosa molto importante, questo i giudici dovrebbero considerarlo.”
Secondo Khaled la scelta della madre sarebbe riconducibile ad una volontà di ripicca nei suoi confronti e non ad un reale interesse verso la questione religiosa:“La madre di Haroun non è nemmeno cattolica, è cristiana ortodossa e non aveva mai manifestato la volontà di educare nostro figlio religiosamente.”
Khaled poi parla della sentenza: “Mi sento profondamente ferito da questa sentenza, i giudici hanno trattato e me e la mia fede come se non avessimo nessuna importanza, la fede del padre di un bambino vale meno del fatto che tutti i bambini mangiano il maiale? E sull’ora di religione poi, mi hanno insegnato che questo è uno Stato laico, non uno Stato confessionale, sembra invece esista una religione di Stato a leggere la sentenza, inoltre cosa c’entra l’ora di religione con la cultura? Non si può essere culturalmente italiani senza essere cattolici?
Lo ripeto per me questa sentenza è stata un pugno nello stomaco perchè io mi sono rivolto al tribunale per avere giustizia, non per essere umiliato, si sono permessi di sindacare sul mio grado di pratica religiosa, hanno insinuato che non fossi abbastanza musulmano per desiderare che mio figlio non fosse educato in contrasto con la mia fede, è una cosa inaccettabile.”
Khaled appare affranto e provato ma non intende a rinunciare a lottare per suo figlio, annuncia quindi di voler presentare ricorso, ci dice: “Quello che sento ora è un senso di impotenza, perchè io mi sento responsabile di fronte a Dio, mio figlio è stato allontanato da me fisicamente ma ora quel che è peggio è che vogliono negare e cancellare tutto quello che sono, la mia tradizione e ciò che di me voglio trasmettergli, proprio come se io come padre non esisstessi, è una profonda ingiustizia alla quale non voglio arrendermi.”