In una situazione paradossale come quella che stiamo vivendo ci si dovrebbe interrogare sul significato della ricorrenza del 25 Aprile. Diceva Gustav Mahler che i difensori della Tradizione non sono i custodi delle ceneri ma coloro che ravvivano il fuoco. Se è così, rimane ben poco da celebrare.
Fra tricolori e stendardi, solenni cerimonie e discorsi ufficiali si consuma l’omaggio all’esito di un periodo storico che aveva profondamente diviso il nostro popolo. Mentre oggi il resto del Paese, quello reale, sta guardando altrove. Come un Giano bifronte, da un anno e mezzo il Governo da un lato ha svuotato la democrazia parlamentare – frutto della lotta di Liberazione – riducendola a mero apparato di gestione amministrativa, dall’altro ha imposto una dittatura sanitaria che ogni giorno calpesta i più elementari diritti democratici, provocando un abissale distacco tra politica e popolo.
Nei convegni della sinistra si parla ormai apertamente di “algoritmocrazia”, la dittatura di una scienza e di una tecnica funzionali al dominio dell’e-commerce e delle multinazionali su un Occidente moralmente e spiritualmente stremato. Al punto che la tecnica sembra aver risucchiato completamente l’agire politico fino ad identificarsi completamente con essa. Poco o nulla sopravvive dei significati che, nel 1945, animarono giovani uomini e donne fino al sacrificio della loro vita per amore della Libertà. Di più, questi stessi ideali sono negati e distorti proprio dagli uomini e le donne che ne dovrebbero essere gli eredi ideali. Il diritto al lavoro come quello alla casa sono diventati un’utopia mentre i desideri sfrenati di un’elite ricca ed annoiata sono imposti su tutto il resto della società.
Il femminismo, nato per difendere donne che non avevano diritto nemmeno alla personalità giuridica ed al voto, è diventato terra di nessuno per avventuriere della politica che predicano il diritto di uccidere una creatura nel proprio grembo mentre non fanno nulla per garantire alle donne ed agli uomini effettivi diritti sociali né dignità. L’abbandono di qualsivoglia principio spirituale ha dato origine a nuove forme di schiavitù, sotto forma di un neonato acquistato al mercato dell’utero in affitto, delle prostitute (”lavoratrici del sesso”) nei bordelli legali di paesi come la Germania, Olanda, Belgio…, di braccianti sfruttati nella raccolta dei pomodori o delle arance, oppure nella cura degli anziani in nero e senza diritti. In spregio a chi ha offerto la sua vita per la Liberazione, la schiavitù contemporanea ha il volto del “rider” o dell’impiegato del ”call-center” pagato due euro l’ora nell’Occidente della IV rivoluzione industriale.
Mentre i soloni del pensiero unico dominante magnificano le sorti progressive del transumanesimo e del binomio uomo-macchina, la stragrande maggioranza dell’umanità precipita nella notte dei diritti e della democrazia, sotto gli attacchi di una classe dominante sempre più avida e cinica, pronta ad allearsi con i peggiori criminali del globo pur di continuare a detenere il potere economico e finanziario.
Questa classe dominante è sorretta in chiave globalista dagli ex marxisti rivoluzionari, piddini o loro alleati, che oggi si battono per il gender fluid piuttosto che per il salario minimo dei lavoratori, che ignorano lo sfruttamento delle cassiere dei supermercati esposte alla pandemia e sottopagate, troppo impegnati a votare leggi a costo zero come quella sul testamento biologico o quella sulle unioni di persone dello stesso sesso. Salvo poi votare, assieme ai neoliberisti, tagli salariali ed aumenti dell’età pensionabile per i lavoratori, in ossequio ai diktat di Bruxelles.
La parodia di uno Stato etico, ma per soli poveracci sfruttati e frastornati da norme che cambiano di continuo e dove nessuna ”autorità” si assume la responsabilità di gestire la cosa pubblica, preferendo appaltare anche la coscienza al privato, meglio se amico.
La parodia di una Liberazione da una dittatura che, oggi mutata nei colori e nelle forme, si ripresenta più subdola e pericolosa di ieri.