Sul caso dell’ormai probabile omicidio della giovane Saman, come è solito accadere, si è scatenata una canea che purtroppo ben poco servirà a a fare chiarezza su quale sia l’humus culturale in cui hanno origine questi orrendi crimini e su cosa la nostra società possa fare per evitare che tragedie come queste si ripetano.
Come c’era da aspettarsi però non ci si è lasciati sfuggire l’occasione per ribadire quanto l’ignoranza rispetto all’Islam e ai musulmani sia dura a morire così come ha fatto Pierluigi Battista sul Huffington Post. Il fatto che anche una di quelle che viene considerata una penna autorevole del giornalismo italiano, si esprima con così tanta superficialità e così poca cognizione di causa su una questione così drammatica, delicata e così piena di implicazioni, è un termometro dello stato dell’islamofobia nel nostro paese.
Si potrebbe contestare che Pierluigi Battista non è poi così rappresentativo e che la sua deriva verso la pigrizia intellettuale e il conformismo è ormai inarrestabile, ma in ogni caso ci si aspetterebbe di più rispetto alla lagna trita e ritrita dell’Occidente che odia se stesso e stende tappeti rossi a coloro che vogliono distruggerlo.
Così, come se questo non fosse di per sè abbastanza stucchevole, Battista estrae dal repertorio anche l’immarcescibile e ampiamente confutato discorso sullo scontro di civiltà, ma lo declina in una versione cheap mettendo in costrasto due foto di Saman, una in cui è velata e quindi sottomessa e triste e una in cui è svelata e quindi libera e felice.
Identificare la libertà di una donna con un determinato modo di vestire, e non con la libertà di scegliere davvero, è frutto di un pensiero infantile e tutto sommato anche maschilista. Battista infatti non difende Saman e nemmeno la sua libertà, ma difende solo una versione di Saman mentre l’altra viene implicitamente stigmatizzata.
Il hijab per centinaia di milioni di donne musulmane rappresenta un atto di amore per il proprio Creatore e spesso, soprattutto in Occidente proprio un simbolo della libertà di scelta.
Inoltre prendere un fatto di cronaca che trova origine in molte cause e concause e pontificare assimilando una tradizione millenaria, a cui aderiscono miliardi di fedeli, ad un atto barbaro rientra appieno nella casistica dei discorsi da bar. Quando gli stessi crimini vengono compiuti in contesti culturali cattolici o atei chi si dovrebbe interpellare, chi si dovrebbe incolpare?
Ci vuole davvero poco per sapere che nessuna religione ammette un omicidio del genere, magari serve un po’ di più per sapere che l’Islam prevede tassativamente la necessità del consenso dei coniungi al matrimonio, ma non è forse il compito di un giornalista quello di informarsi prima di informare?
Di sicuro tirare in ballo il politicamente corretto non serve a coprire un tale scempio intellettuale, il politicamente corretto in realtà non c’entra proprio niente perchè parliamo di dati di realtà troppo evidenti che vengono colpevolmente ignorati e non di una differenza di opinioni.
Lo scontro quindi appare non essere tra civiltà, ma tra conformismi, che altro non sono che una forma di pigrizia intellettuale e spirituale.