Nel mese di Maggio i cittadini senegalesi sono scesi in piazza in massa per protestare contro i tentativi di normalizzare l’ideologia LGBT nell’ordinamento nazionale chiedendo che l’omosessualità venga considerata reato. L’argomentazione avanzata è che i valori del Senegal sono tali da ritenere immorale le tendenze promosse dall’ideologia LGBT e che al contempo l’imposizione adottata da alcuni Stati occidentali è da considerarsi una manifestazione del neo-colonialismo.
Le ramificazioni dell’intolleranza nei confronti di diversi valori anche da parte di istituzioni come l’ONU, in particolare quando si parla di LGBT, ha portato anche a considerare sanzioni contro quei paesi che contrastano quelle realtà LGBT che tentano di normalizzare tali pratiche.
Un caso studio interessante è quello della Tunisia. In Tunisia infatti l’ideologia LGBT e le sue manifestazioni sono considerate illegali come la mutilazione genitali per cambiamento di sesso, gli atti omosessuali, i matrimoni omosessuali, l’utero in affitto e così via. A livello locale, anche se le tendenze progressiste ci sono e sono tollerate, generalmente il movimento LGBT e la sua ideologia non lo è. L’Islam infatti fa parte della Costituzione tunisina.
Il caso delle organizzazioni militanti LGBT in Tunisia
Con la caduta di Ben Ali e l’inizio di un contesto democratico, nuovi attori esterni tentano di influenzare il percorso politico del Paese per garantire che l’unico caso di successo delle rivolte arabe imbocchi una strada in linea con i valori secolari e progressisti.
Per chi conosce l’ambiente delle ONG è fatto risaputo che gli stati occidentali danno ampia copertura ad alcune organizzazioni della società civile con valore “strategico” affinchè operino sul terreno in alcuni paesi promuovendo valori osteggiati dalla popolazione locale. Queste organizzazioni si dicono promotrici dei diritti umani ma in alcuni casi si specializzano solo in alcuni di questi “diritti” concentrandosi ad esempio a promuovere l’ideologia LGBT.
Nel 2016, l’associazione internazionale di lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersessuali (ILGA) pubblica un documento per chiedere l’istituzione di un esperto indipendente presso l’ONU per l’orientamento sessuale e l’identità di genere (SOGI). La richiesta, firmata da 628 NGO da 151 paesi, viene presentata durante il trentaduesimo Consiglio per i diritti umani dell’ONU a Ginevra il 27 Giugno 2016. Fra i firmatari troviamo organizzazioni nostrane anche meno conosciute come la Rete globale dei cattolici arcobaleno (GNRC) in Italia.
Il caso tunisino è anche più interessante. Escludendo due organizzazioni anonime troviamo organizzazioni come Article 13, Chouf, DAMJ – The Tunisian organization for Justice and Equality, e ancora Mawjoudin, Shams e Without restrictions. Dopo il 2016 viene istituzionalizzato il ruolo di esperto indipendente SOGI presso l’ONU e la Tunisia viene denunciata.
Il report, sempre pubblicato dall’ILGA denuncia la Tunisia per violazione da esperti ONU in merito all’orientamento sessuale e l’identità di genere, di violazione di libertà di opinione, di associazione e di difesa di diritti umani per aver impedito la “libera associazione” alla no-profit pro LGBT Shams. Con le stesse accuse ma con l’aggiunta della denuncia di esperti di terrorismo, tortura e violazione della libertà religiosa vengono denunciati i messaggi sui social contro Mounir Baatour, co-fondatore di Shams, militante LGBT, e presidente di Shams Rad, la radio di propaganda LGBT con più outreach nel mondo arabo.
Sempre con questi esperti ma con l’aggiunta di esperti di esecuzioni extragiudiziali vengono ancora una volta denunciate le difficoltà e gli “ostacoli” incontrati dall’ONG Shams per registrarsi ed ottenere il riconoscimento in territorio tunisino. Vengono anche denunciati gli attacchi subiti dai militanti LGBT Bohdid Belhedi ed il vicepresidente di Shams Ahmed Ben Amor che intervistato da France24 descrive il proprio Paese, la Tunisia, come “una società machista, religiosa, patriarcale e sessista dove il tema della sessualità è tabu, immaginatevi un po’ che dire per l’omosessualità”.
Differenze di valori ed intolleranza neocoloniale
La Tunisia è solo uno dei tanti Stati tolleranti ma con valori differenti da quelli progressisti arcobaleno che vengono tacciati di questi “crimini” alcuni basati su reali attacchi subiti da questi militanti in seguito alle loro attività da altri cittadini.La violenza non è giustificabile tuttavia è necessario comprendere che essa può considerarsi sintomo di un senso di impotenza da parte di una popolazione per cui queste tendenze non sono tollerabili ma vengono comunque imposte.
Ricordando le denunce partite dalle proteste in Senegal non si può non accostare questi tentativi di imposizione dell’ideologia nei paesi islamici come una nuova veste del colonialismo che, prendendo il caso francese, giustificava la brutalità, la demonizzazione e la violenta “civilizzazione dei selvaggi africani” usando forme estreme e militanti di femminismo che puntava alla denudazione della donna.
I sintomi di questa isteria almeno nel caso francese lo troviamo ancora oggi nelle gravi oppressioni subite dai musulmani e dalle musulmane francesi a cui viene de facto imposto di scegliere fra il lavoro, l’educazione e l’indipendenza economica al costo dell’abbandono della pratica religiosa e l’esclusione, la demonizzazione e l’oppressione brutale se la pratica religiosa si vuole mantenere.
Questa tendenza colonialista spiega anche come queste associazioni LGBT riescano oggi a sopravvivere ed in alcuni casi prosperare in contesti in cui la loro attività non è ben vista. Molte di queste associazioni vengono finanziate infatti dall’UE tramite progetti con finanziamenti a fondo perduto e spesso all’insaputa dei dettagli delle attività di questi progetti e di possibili violazioni costituzionali da parte degli Stati in cui questi finanziamenti arrivano e vengono utilizzati. Ironicamente il caso è simile a quelli dei finanziamenti esteri da parte di estremisti religiosi in Occidente ma vestiti di arcobaleno, secolarismo e colonialismo.
Certo è che l’influenza di queste associazioni è in crescita anche grazie alla paura di sanzioni che questi Stati iniziano ad avere minacciati di essere tagliati fuori dai fondi umanitari per i loro differenti valori. Di recente ad esempio (lo scorso Marzo) l’organizzazione Shams ha denunciato il sindaco tunisino di Al Kram Fathi Layhouni per aver espresso opinioni critiche contro l’omosessualità chiedendo in un comunicato che al sindaco venga vietato l’accesso allo spazio Schengen. L’associazione Shams ha anche attaccato molte critiche all’ideologia LGBT ed alle sue manifestazioni definendole frutto di un fantomatico “islamismo” piuttosto che derivanti anche da una ben precisa base costituzionale di valori ed una posizione conervatrice legittima.
Come usare i diritti umani per promuovere l’ideologia LGBT
Queste organizzazioni, che spesso prendono nomi che citano i “diritti umani” si focalizzano principalmente sulla promozione dell’ideologia LGBT. In occasione del mese LGBT, il Collettivo civile per le libertà individuali (CCLI) ad esempio ha pubblicato un comunicato in cui denuncia la non normalizzazione degli LGBT in Tunisia affermando che la Tunisia “si ostina a mantenere la criminalizzazione dell’omosessualità”.
I firmatari del comunicato sono associazioni tutte operanti in Tunisia (ed altre di stampo estero, e Francia in particolare) ed è interessante notare come nella lista di firmatari nessuna delle organizzazioni, anche se molte conosciute per essere fortemente militanti pro-LGBT, espliciti con trasparenza la propria militanza, probabilmente per paura di essere ancor più opposte.
È importante che gli Stati in questione come la Tunisia discutano seriamente di questa situazione che non solo spesso viola la sovranità nazionale ma che, così come molte altri Paesi islamici e/o con valori differenti da quelli secolar-progressisti più diffusi in Occidente, si vedono costretti ad accettare con l’imposizione e sotto la minaccia di sanzioni un set di valori estraneo, non condiviso e paradossalmente imposto nonostante il sedicente relativismo Occidentale.
Mentre in Europea gli stessi Stati Membri con diversi valori si vedono demonizzati in queste ore per la loro posizione contraria alla normalizzazione degli LGBT sotto la minaccia di essere sanzionati, e mentre qui in Italia l’imposizione del DDL Zan e le sue mire ideologiche vengono fortemente criticate è anche il momento di dibattere il fenomeno da un punto di vista internazionale analizzando anche le ripercussioni geopolitiche di questo neo-colonialismo arcobaleno.