Ieri pomeriggio l’Italia ha perso uno dei suoi eroi. Si è tolto la vita nella sua abitazione alle porte di Mantova il prof Giuseppe De Donno, 54anni ex primario di pneumologia dell’ospedale Carlo Poma, e padre della terapia del plasma iperimmune.
Con questa terapia il dott. De Donno aveva salvato la vita a centinaia di malati gravi di Covid. Lascia la moglie e due figli.
Diventato durante la pandemia di Coronavirus improvvisamente famoso, il primario aveva subito denunciato in una intervista al settimanale Oggi, ed in altre interviste sui social ( You Tube e Radio Radio ) i conflitti di interesse di alcuni suoi colleghi, ed in particolare di diversi virologi mediatici, con le case farmaceutiche queste le sue parole:
“Sono infuriato, siamo in mano a scienziati prezzolati. Ho due rimpianti. Dovevo iniziare ad alzare la voce prima, e in maniera più energica. Il mio era un dovere civico. Se tutto resta in mano a scienziati prezzolati non si va da nessuna parte. Quando parlo a un congresso, la prima slide che proietto riguarda il conflitto di interessi. Io non ne ho. Mi piacerebbe che i medici che vanno in tv facessero lo stesso”
Per salvare i suoi pazienti lavorava anche 18 ore al giorno, e benché la sua cura fosse efficace, non venne mai valorizzata e riconosciuta dalle autorità sanitarie.
Le cure con il plasma sono state osteggiate da Speranza e dal Ministero della Salute con la motivazione che comporterebbero dei rischi da valutare, in realtà nella sperimentazione del dott. De Donno così come in quelle portate avanti dall’ospedale di Pavia e da altri ospedali italiani si è potuto constatare che il 100% dei pazienti gravi trattati sono guariti in brevissimo tempo senza eventi avversi.
La tesi secondo cui non ci sono oggi terapie efficaci contro il Covid costituisce la base giuridica per approvare i vaccini in via eccezionale senza che abbiano concluso l’iter di sperimentazione previsto dall’EMA.
Alcuni mesi fa lasciò l’ospedale per fare il medico di famiglia sul territorio ma qualcosa si era spezzato dentro di lui lasciandogli una profonda ferita interiore che l’ha condotto alla terribile decisione finale.
In un mondo profondamente malato di avidità di potere e di denaro, far guidare il proprio talento da un’etica volta al bene comune, rischia di essere una scelta letale.
Se ne è andato portando via con sé un pezzetto del bene di questo mondo