I tamponi sono il segreto del successo. Fratelli necessari del vaccino che, in solitudine, diventerebbe obbligo e trasformerebbe la ragione di Stato in torto giuridico. Senza la possibilità dei test antigenici infatti il Green Pass assumerebbe il suo vero nome: obbligo vaccinale. E siate pur tranquilli: l’obbligatorietà, dinanzi alla prospettiva di innumerevoli cause legali avverse, resterà vana minaccia.
Così lo Stato perderà una volta ancora la chance di ergersi a garante della distinzione tra legittimo e illegittimo, legale e illegale. Una distinzione che da mesi invece si traduce nel blando respiro della cittadinanza, modulato tra civile/incivile, responsabile/irresponsabile.
Un contrasto, uno scontro che in continuazione si capovolge, facendo scivolare avanti e indietro il concetto di giustizia.
Scena numero uno: una persona fa il tampone; risultato negativo. Lo Stato emette un codice che lo include nella schiera di coloro che possono fruire del diritto al lavoro, allo studio e al divertimento (non digitale).
Il tamponato va al cinema, si siede in mezzo a decine di altre persone vaccinate, quindi, restando su un piano meramente medico, sicure di avere meno conseguenze gravi nel caso in cui contraggano il virus. Allo stesso tempo però possono averlo e contagiare gli altri, tra cui il tamponato, sicuro invece di non costituire un pericolo per gli altri e il quale si è assunto la responsabilità (magari l’incoscienza, la follia) di non vaccinarsi.
Quindi di non tutelarsi rispetto ai gravi effetti virali. Chi è allora responsabile o irresponsabile per il bene della collettività? Non si tratta forse di una semplice responsabilità individuale, scambiata per collettiva? Dopo quarantotto ore il tamponato tornerà in uno stato di implicita illegalità. Perché il tampone in quanto strumento è svanito mentre il vaccino in quanto misura resta come paradigma. Se il reale obiettivo fosse la società della salute, l’unico controllo totale sarebbe per assurdo l’obbligo del tampone.
Scena numero due: la scuola.
Tra i giovani al mare, nei parchi e in piazza la mascherina torna ad essere un addobbo floreale, il distanziamento un’astrazione storica e ci si ammassa in felice promiscuità. Si apre il portone, si varca l’ingresso, si scavalca la frontiera con la Corea del Nord. L’Italia riscopre finalmente il piacere dell’Istituzione, si inchina al comunismo orientale, si indossano mascherine, ci si distanzia di un metro; gli insegnanti devono essere muniti di passaporto e mascherina, l’educazione fisica si pratica all’aperto altrimenti si inchina alla forma di un immenso solitario sportivo. Ma c’è la speranza di tornare al pur minimo segno di libertà: se l’intera classe sarà vaccinata calerà dall’alto il più meritato dei premi: via la mascherina! E anche in questo caso il senso medico-scientifico latita, quello disciplinare invece risplende.
È chiaro come il tampone non sia semplice strategia, ormai è vera filosofia
I tempi del tamponare: mettere una pezza qua, un cerotto là e la ferita si estende, continua a sanguinare. Non c’è problema, si tampona anche il prossimo taglio. Si pone rimedio, si contiene una situazione spiacevole, il male però non va via così come la malattia, che oramai ha intaccato l’intero corpo sociale. E non è il Covid ad aver creato la logica del tampone, che da anni si applica, si cuce e si sposta in economia, ecologia e in gran parte delle decisioni politiche.
E come mai? Da cosa mai dipenderà? Sempre il tamponare ci viene in soccorso.
Un incidente in strada. Chi sta dietro tampona chi sta davanti. La grammatica lo decide attivo, la dinamica lo sancisce passivo. Infatti quello che sta dietro non decide di rallentare, accelerare, girare. Semplicemente dipende dalle decisioni di chi sta davanti, ma sarà lui a procurare il danno a se stesso e agli altri. Chi tampona non può vedere al di là della prospettiva del suo cruscotto…Davanti cosa c’è? L’immunità di gregge? Ma il gregge è sempre immune e nemmeno gli uomini di scienza credono sia raggiungibile. La società smart? Se si crede all’intelligenza come sintesi ed efficienza, quindi come efficienza sintetica, può darsi. Eppure a mancare è una viva visione dell’umanità e della società.
Per fortuna ci pensa la stampa che fiera dichiara: il green pass è libertà! Dimenticano però di consultare il vocabolario. Tutt’al più il green pass è liberazione e non libertà.