Il vizio elettronico in una società senza male

“Come l’acqua, come il gas, come la corrente elettrica che arriva da lontano nelle nostre case per soddisfare i nostri bisogni quasi senza sforzo, così saremo riforniti di immagini visive o uditive, che emergono e svaniscono al minimo gesto, quasi con solo un segno.” Così profetizzava Paul Valéry un secolo fa.

E la caverna platonica ha davvero preso forma: dal televisore allo smartphone le immagini si sono avvicinate sempre più all’intima elettricità dei nostri sistemi neuronali. Nel frattempo Alexa e i servi digitali che le succederanno, trasformano un semplice segno, una povera manciata di parole in una varietà di comodi stimoli elettrici: da una lampadina accesa per illuminare la stanza fino all’intero scibile fabbricato da google per illuminare la conoscenza e intrattenere la coscienza. Un’altra rivoluzionaria scossa però neanche Valéry avrebbe potuto prevederla: la sigaretta elettronica.  

Immaginatevi un vecchio film in cui H. Bogart o J.P. Belmondo, sulla soglia di una scelta decisiva, impugnano una sigaretta elettronica, vaporizzano l’aria con un gas simile a un peto istantaneo e via, pronti a tuffarsi nell’ultima decisiva scena. Effetto ridicolo. Torniamo al presente, nel mezzo di una ripresa tratta dal Grande Fratello o da un reality qualunque, in cui fa apparizione l’evidenziatore fumante nel mezzo di due labbra rifatte, che recano impresso un lontano sogno d’attrice. Incastro perfetto. Come si spiega il contrasto tra la prima e la seconda scena?

Nella prima scena il fumo è vizio associato al fascino del rischio e del pericolo (stereotipo del maledetto); nella seconda scena lo svapo è un tic, simulacro del vizio, in uno scenario in cui non solo la rappresentazione dei corpi è contraffatta, ma lo sono i corpi stessi. Il gesto rimane, privo però delle sostanze nocive (così crede chi la usa…). Fumare fa male, è cosa certa ed è proprio questo a rendere il fumo un vizio, un surplus gratuito e autolesionistico. Un piacere per chi ne dipende, un segno di folle incuria per tutti gli altri. Fumare una sigaretta elettronica invece è come dipendere dal gioco ma avendo un conto corrente infinito alle spalle.

In questo modo il gioco diviene un semplice vezzo e perde il suo fascino idiota e tragico. Il giocatore infatti finisce col non dipendere più dalla speranza travestita d’azzardo. Resta il gesto, alleggerito però dal peso tragico della colpa. Perché non smettere allora? Semplice, perché non ne vale la pena. Tra il sì e il no, tra il perseverare e lo smettere subentra una terza via: continuare ma senza apparenti conseguenze. È facile così conservare la dipendenza senza portare sulle spalle il fardello della scelta.

Così se fosse possibile assumere alcol o droghe elettriche lo faremmo senza il minimo dubbio. Si incamera la sostanza dopante, ti rincoglionisci e il corpo però si depura all’istante di ogni intrusione malefica. La salute è preservata e il vizio mantenuto: il perfetto sballo senza conseguenze. Come fare sesso senza sudore, senza il rischio di fallire o non dare piacere, senza l’impenetrabilità dello sguardo altrui piantato addosso. Sarebbe assurdo no? Ah già, ma c’è il sesso virtuale e la sovrana pornografia! Oppure come sentire il brivido della guerra senza combattere… Ah ma ci sono la pandemia, i videogiochi connessi e il vibrante scontro dialettico sui social!

Così la sigaretta elettronica non è un caso isolato. Molti piaceri, nella loro inclinazione al vizio, oggi vanno depurandosi della loro connaturata ambivalenza, bruciata in un falò digitale che si ricarica all’infinito. Per questo lo svapo diventa l’emblema di una società in cui si tenta di estirpare il male da ogni vizio. Ma una volta evaporato il male, ogni comportamento non è altro che automatismo, tic involontario. Prima che i robot (compreso il neonato astro lanciato da Amazon) raggiungano la complessità dell’intelligenza umana, rischiamo di avvicinarci noi alla perfezione meccanica dell’intelligenza artificiale. 

Nel frattempo è legittimo sperare che la sigaretta elettronica assecondi la sua implicita versatilità, scoprendo un suo possibile impiego come penna della Lim o tutt’al più come vibratore. Nell’attesa che i nostri palati possano assaporare i benefici di una bistecca prodotta da una stampante 3D (reale e recente sperimentazione). Così finalmente si avvererebbe il sogno di mangiare sano e sostenibile. L’insostenibile leggerezza di una vita politicamente corretta e senza alcun gusto.