Da qualche tempo nel nostro paese si rumoreggia circa il diritto o la priorità d’accesso alle cure per i malati di Covid19 che non si sono sottoposti alla relativa vaccinazione. Sui social più di qualche operatore sanitario si è addirittura espresso in termini minacciosi riguardo all’assistenza sanitaria che sarebbe stata da loro riservata ai vaccinati.
Da corollario a tutto questo, diversi esponenti politici, come ad esempio i responsabili della sanita della regione Lazio, hanno ventilato l’ipotesi di far pagare le cure ai malati di covid non vaccinati.
Siamo evidentemente di fronte ad una triste deriva dell’etica collettiva a cui credo non dobbiamo cedere il passo. Il vento però non tira tutto solo in una direzione, ad esempio il 31 dicembre scorso la SIAATRI, la principale associazione di anestesisti rianimatori in Italia, si è giustamente sentita chiamata in causa e si è recentemente espressa sull’argomento in modo molto equilibrato ricordando come sia importante per il medico assumere sempre una posizione non giudicante nei confronti dei propri pazienti, anche quando questi potrebbero avere degli atteggiamenti incongrui o francamente ostili.
Quando bisogna scegliere
Dal punto di vista medico può capitare di trovarsi in contesti in cui bisogna fare delle dolorose scelte di priorità che possono portare financo ad escludere dalle cure alcune persone. Questo per esempio può accadere in contesti emergenziali in mancanza di risorse come ad esempio in caso di calamità naturali, dove addirittura le linee guida internazionali ATLS (Advaced Trauma Live Support) insegnano ad individuare e riconoscere a colpo d’occhio i pazienti con maggiore possibilità di cura rispetto a quelli che per ragioni di probabilità di sopravvivenza è preferibile lasciare indietro.
Anche in altri contesti, come ad esempio in alcuni ospedali in contesti economicamente disagiati, può capitare di essere chiamati a fare una selezione durissima al triage, ovvero all’accettazione dei pazienti in pronto soccorso o in ospedale. Nei paesi in via di sviluppo semplicemente i pazienti che non possono essere trattati, perché non si hanno gli strumenti o le competenze necessarie, vanno rimandati indietro senza neanche la possibilità di offrire loro un ricovero o delle cure palliative a prescindere da quanto possa essere sofferente quella determinata persona. Queste sono situazioni non facili che hanno il potere di logorare l’umanità di chiunque vi si trovi come testimone.
Un regalo dei nostri padri, il sistema sanitario universalistico
In tante occasioni mi sono ritrovato con colleghi a commentare simili situazioni e l’unanime conclusione è sempre stata quella del riconoscimento della eccezionale bontà del nostro sistema sanitario universalista, un regalo lasciatoci dai nostri padri, che ci previene dal dover vivere, sia come operatori sanitari sia come cittadini, situazioni cosi laceranti. Non dimentichiamo che non in tutti i paesi occidentali è cosi, il sistema assistenziale privato legato alle assicurazioni, lascia negli USA migliaglia di persone ogni anno senza assistenza sanitaria.
Una china molto pericolosa
Il medico non può e non deve essere giudice del paziente perché il suo ruolo è un altro ovvero quello di curare, perché l’idea di curare chiunque a prescindere non è solo un privilegio ma è anche un elevatissimo segno di umanità e civiltà, perché in materia di accesso alle cure adottando principi diversi da quelli ispirati da ragioni mediche andremo a metterci su una china pericolosissima.
Chi infatti dovremmo curare tra due bronchitici cronici, quello che non ha fumato rispetto a quello che ha fumato, o tra due fumatori quello che ha fumato di meno? E chi lo stabilisce e come? E allora gli ubriachi al volante che arrivano in fine di vita in ospedale non avranno più la precedenza perché “se la sono cercata”, per non parlare di quelli che si feriscono con i festeggiamenti di fine anno, gli obesi che hanno il diabete perché mangiano troppo, oppure di chi tenta il suicidio! E cosi via precipitando in quello che potrà essere solo un arbitrio disumano ed avvilente.