Da Damiano al Sucu Sucu di Malgioglio, finita la Summer of Love resta la musica di…

Dal 16 al 18 giugno del 1967 in California si tenne il Monterey Pop Festival, celebrazione della Summer of Love e primo grande raduno rock dove furono consacrati artisti del calibro di Jimi Hendrix. Lo scorso 17 giugno nelle radio italiane è stato lanciato il brano Sucu Sucu di Cristiano Malgioglio e nei primi mesi del 2022 i Maneskin hanno incassato milioni di euro senza produrre più musica. Che cosa è cambiato dagli anni ’60?

Il ‘900 come secolo musicale del disco e della musica di consumo

 A 4 secoli dalle possibilità offerte dall’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, che in Asia esisteva già da altri 4 secoli grazie all’inventore cinese Bi Sheng, la tecnologia della registrazione audio abilitava la nascita di una nuova editoria musicale, di una nuova industria, l’industria discografica. A partire dai cilindri fonografici di Thomas Edison (1878) e dalla commercializzazione del primo disco fonografico di gommalacca inventato da Emile Berliner (1889) il livello tecnologico consentì all’industria musicale di affiancare alla stampa e vendita di spartiti la produzione e commercializzazione di musica registrata. Ulteriori possibilità furono offerte nel corso del ‘900 dal disco a microsolchi di vinile e dalla tecnologia elettrica ed elettronica. 

Il ‘900 musicale è stato dominato dal disco, un oggetto in grado di “suonare” senza musicisti e capace di farlo “on demand”. Il salto possibile fu tale che nuova musica si aggiunse ai due macro-filoni musicali preesistenti. Da un lato c’era la musica colta (o art music) che in occidente si “trasmetteva” mediante gli spartiti, dall’altro c’era la musica popolare (o folk music) che viveva di trasmissione orale. Col disco arrivò una nuova musica, con suoi nuovi generi, che si distingueva dalle altre per la particolarità di esistere in funzione della possibilità di essere registrata e diffusa su larga scala. Le sfumature intermedie alle tre categorie citate non si contano ma questa schematizzazione è utile per capire la portata della svolta costituita dal supporto fonografico. Anche la radio, di cui però non parleremo, ha avuto un ruolo determinante nella musica del ‘900 ma il disco ha abbondantemente contribuito a creare nuova musica. La scelta degli strumenti musicali da utilizzare e dei registri in cui cantare e suonare dipendevano anche dal supporto di registrazione finale, dai suoi limiti fisici, dagli impianti che lo facevano suonare (dal più rude giradischi-aratro al più sofisticato impianto per audiofili, passando per i juke-box). Questi ed altri fattori legati alla produzione discografica diedero vita ad una musica che prima non c’era.

In inglese questa nuova musica “possibile” viene chiamata popular music (che non è la nostra musica popolare, in inglese folk music) e in italiano la si chiama anche musica popolare contemporanea. A noi fa gioco chiamarla musica di consumo: musica pensata per essere incisa su un oggetto che deve essere venduto, che viene usato e che si consuma, che si rompe e che viene buttato. 

Dalla rivoluzione rock alla musica di plastica 

Enfatizzare l’aspetto commerciale della produzione discografica jazz degli anni ’50 e ’60 (nel cui firmamento brillava ad esempio la stella di Miles Davis) o della musica rock degli anni ’60 e ’70 (Bob Dylan, Beatles, Jimi Hendrix, Pink Floyd… ma anche il Miles Davis “elettrico”…) non è un approccio intellettualmente onesto ma, guardando alla parabola della qualità musicale incisa dai primi decenni del XX secolo ai giorni nostri, lo spazio che ad esempio la stampa nostrana ha dato all’uscita di Sucu Sucu di Cristiano Malgioglio lo scorso 17 giugno fa letteralmente cascare le braccia (un tripudio che va dalle agenzie stampa fino alla stampa “specializzata”). 

Mai come negli ultimi 15-20 anni c’è stata tanta produzione di musica (di consumo) ma mai c’era stato tanto piattume, tanta musica sempre uguale a sé stessa e già solo per questo sempre peggiore. Mai c’era stata tanta musica di…plastica!  Probabilmente questo è anche conseguenza delle ulteriori possibilità offerte negli ultimi due decenni dalle tecnologie digitali con le quali quasi chiunque può fare “musica”. Senza un’adeguata preparazione o senza un vero talento è più facile essere meri rappresentanti di ciò che qualcun altro decide che deve essere di volta in volta pubblicato e… consumato!

Malgioglio però non è da sempre autore di spazzatura, ha scritto ad esempio per Mina e per Ornella Vanoni e nel 1979 scrisse il testo del brano che portò il cantante Pupo al successo: Gelato al Cioccolato. Lo stesso Pupo nel 1985 si è cimentato con la musica elettronica, quasi un pioniere nel pop italiano. Si può rilevare cioè nel “giro” del vecchio Malgioglio uno scarto notevole rispetto a quello che si vede nel video di Sucu Sucu. La canzone al cioccolato parlava comunque di “sucare”, come Sucu Sucu, ma allora la cosa non venne rivelata e nel dubbio che si fosse comunque capito Malgioglio firmò il brano con uno pseudonimo. Il gelato a cioccolato (“dolce e un po’ salato”) era in realtà l’organo sessuale di una persona di colore a cui Malgioglio aveva praticato sesso orale.

Damiano dei Maneskin in concerto

All’epoca il soggetto-oggetto della canzone fu recepito come un “no sense” (alla stregua del “guerriero di carta igienica” di Ti Amo, il successo internazionale del 1977 di Umberto Tozzi). Si trattava pur sempre di un brano pop molto commerciale rispetto alla produzione dell’epoca (era il 1979, quando i Pink Floyd incisero The Wall), un pop-pettone potremmo dire, ma di un altro livello rispetto a Sucu Sucu (che è una porcheria musicale senza eguali, guardare/ascoltare per credere). Qual è la differenza principale tra queste due canzoni che hanno in comune sia la tematica che la firma di Malgioglio? Sostanzialmente le epoche, a cui Malgioglio sembra essersi saputo adattare.

Viene da chiedersi se su certe tematiche si possa parlare di evoluzione positiva in merito al passaggio che si è registrato dal celato all’esplicito, dalla musica anche senza alcuna immagine ai video e ai servizi fotografici con pose che non lasciano spazio all’immaginazione, dalle cose censurate alla sovra rappresentazione (anche e soprattutto nelle serie tv) della sessualità che una volta veniva etichettata come “non convenzionale”. 

I Maneskin e i “cantanti” non binari

Se c’è una cosa che il Festival di Sanremo nelle edizioni condotte da Amadeus ha esaltato ai massimi livelli questa è la fluidità di genere. Dichiararsi sessualmente non binario oppure appoggiare la “causa”, magari vestiti in modo “fluido” oppure ostentando atteggiamenti “sessuati”, è diventato il viatico per il successo. Cosa dobbiamo aspettarci ora che Amadeus ha annunciato la Ferragni per la prossima edizione di Sanremo (con il plauso, manco a dirlo, di il/lo/la Drusilla Foer)? Nella famiglia Ferragnez l’esperto di musica (di plastica) sarebbe Fedez, ma la moglie è il business engine di famiglia quindi ci condurrà anche Sanremo. 

Il caso dei Maneskin è emblematico. Con la vittoria a Sanremo 2021 hanno imboccato una strada sostanzialmente svincolata dalla loro musica. Si sono presentati alla serata finale del festival con il nude look esibito da Achille Lauro l’anno precedente e all’Eurovision Song Contest il cantante Damiano ha anche copiato, sempre da Achille Lauro, il bacio in bocca al chitarrista.

Parliamo di una band, i Maneskin, che sa suonare (e di questi tempi non è cosa da poco, Achille Lauro per esempio non sa cantare) ma per loro il successo internazionale è arrivato con il travestimento gender fluid e con il cambio del manager avvenuto subito dopo la vittoria all’Eurovision 2021. Da quel momento hanno progressivamente smesso di fare musica ed hanno cominciato a fare spettacolo secondo i dettami dello show business del momento.

Nel 2021 hanno pubblicato un album insipido ma hanno fatturato più di 2 milioni di euro, quasi tutti reinvestiti in “immagine”. Adesso è quasi impossibile vedere Damiano senza la lingua di fuori, la sua fidanzata ci parla della sua VULV(odini)A a reti unificate (anche in parlamento) e ci mostra le sue gambe non depilate, la bassista Vittoria è sempre pronta a denudarsi. A metà del 2022 il conto in banca della società Maneskin Empire è di 3,5 milioni di euro e per adesso la produzione musicale di quest’anno si limita ad un solo singolo senza lode e senza infamia (più l’ennesima cover). Anche Linus, non di certo famoso per essere di giudizi musicali severi, ha recentemente affermato che la loro musica non si è evoluta di pari passo con il loro successo. Senza un paio di album internazionali di un certo livello prima o poi scompariranno dalla circolazione ma nel frattempo sono riusciti a far durare il loro successo commerciale ben oltre le, per loro, più rosee aspettative. Ma la musica? 

Jimi Hendrix

L’Estate dell’Amore a Monterey 

Eppure c’è stato un tempo in cui la popular music liberò energie che si credeva potessero cambiare il mondo. Quando si parlava del Vietnam si respirava un’utopia anti-sistema che è l’esatto contrario di Damiano che urla “fuck Putin” per la gioia delle classe dirigente mondiale (cioè dei signori della guerra). Certo già allora (come minimo a partire dagli anni ’70) mediante le case discografiche era possibile mantenere uno stretto controllo sulla produzione musicale ma all’epoca poteva anche capitare che gli artisti guidassero le scelte (fossero anche scelte di business, come nel caso dei Rolling Stones a partire più o meno dallo scioglimento dei Beatles). 

Il 1967 ci fu l’esplosione psichedelia ed i Beatles sfornarono il 45 giri Strawberry Fields Forever ed il 33 giri Sgt. Pepper. L’estate ’67 fu battezzata Summer of Love e la sua celebrazione si tenne al Monterey Pop Festival, fratello maggiore del Festival di Woodstock. A Monterey Simon&Gurfunkel suonarono The Sound of Silence, i Mamas&Papas California Dreamin’, Jimi Hendrix impressionò tutti bruciando e distruggendo la chitarra alla fine della sua monumentale esibizione al punto che tutti credettero erroneamente che il festival fosse finito. In realtà Hendrix era su di giri per il suo trionfale ritorno in patria, essendosi trasferito l’anno prima in UK per poter essere un frontman rock in quanto negli USA era relegato nella black music. Fosse successo oggi ai Maneskin di dover emigrare avrebbero forse organizzato un gay pride, o comunque qualsiasi cosa per parlare di “musica” senza fare musica. 

L’apertura mentale di quegli anni portò sul palco del Monterey un guro della musica indiana (dell’India, non degli indiani d’America), un maestro del sitar che avrebbe suonato poi anche a Woodstock: Ravi Shankar. Erano un paio d’anni che la sonorità (orientale) del sitar aveva fatto la sua comparsa nella popular music (occidentale) al punto che si è parlato anche di raga-rock. Ravi Shankar era un depositario del vasto patrimonio dei raga (la forma “compositiva” della indian art music) e si dichiarò anche contrario alla distruzione della chitarra da parte di Hendrix in virtù della sua concezione sacra della musica. Il sitar compare anche nella canzone scritta apposta per promuovere questo primo grande raduno rock, San Francisco cantata da Scott McKenzy, il cui testo diceva: “se stai andando a San Francisco ricorda di avere dei fiori tra i capelli” (simbolo di pace, non accessorio di un look maschile-effeminato). 

Sempre a Monterey si esibirono diverse band da cui decollarono le carriere di gente del calibro di Janis Joplin e Crosby, Still, Nash and Young, ma anche di Buddy Milies (batterista della Band of Gypsys di Hendrix). Quest’ultimo si esibì con gli Electric Flag, una band che avrebbe di lì a poco firmato al colonna sonora del film psichedelico Tre Trip (padre putativo di Easy Rider)e che includeva anche Mike Bloomfield (già chitarrista di Bob Dylan in Like a Rolling Stone e nella sua storica svolta elettrica a Newport Folk Festival del 1965). Poi c’erano i Jefferson Airplane con Somebody to Love, i Who con My Generation e tanti altri ancora. Mai visti prima, insieme sullo stesso palco, sia il gotha della musica del tempo che esperienze tanto seminali. Adesso non ci resta che attendere il Sanremo 2023 con Amadeus e Chiara Ferragni, con l’ennesima celebrazione dei Maneskin e magari con Cristiano Malgioglio!