Nelle sue prime uscite da Onorevole Aboubakar Soumahoro ha fatto molta notizia ma su tematiche come l’immigrazione e i rapporti col continente africano al momento non è sembrato all’altezza del Premier Giorgia Meloni.
Molto simpatico il siparietto del deputato Soumahoro che, ospite di Fabio Fazio il 30 ottobre scorso, ha detto che il Presidente del Consiglio Meloni può anche dargli del dottore visto che lui è laureato. Inutili quindi sono state le scuse che Giorgia Meloni ha immediatamente profuso allorché, rivolgendosi a Soumahoro, le era scappato di dire “scusami” e “sai” (invece di “mi scusi” e “sa”). Sembra quasi che il parlamentare originario della Costa D’Avorio non aspettasse altro dopo la precedente trovata di essersi presentato con gli stivali da lavoro all’ingresso di Montecitorio al suo primo giorno da Onorevole (per poi indossare scarpe onorevoli una volta dentro).
Il confronto Meloni-Soumahoro è avvenuto il 25 ottobre in occasione del discorso pronunciato dal Premier per la richiesta di fiducia al nuovo Governo. Soumahoro aveva un intervento palesemente preconfezionato e che avrebbe utilizzato a prescindere da cosa ascoltato dal Presidente del Consiglio. Si è autodefinito “cafone” paragonandosi a Giuseppe Di Vittorio, anche lui etichettato come “cafone”, ma questa mossa autoreferenziale ad effetto non ha avuto molta eco, forse perché dai più ritenuta eccessiva.
Non ha poi resistito alla tentazione di replicare a Giorgia Meloni che in merito alla propria carriera politica si è definita un underdog (una persona che nella competizione parte sfavorita) ma nel farlo ha usato un improbabile “lei ritiene di essere parte di un undergog ma anche io provengo dai bassifondi della stessa uderdog” (per un laureato in Italia con 110 non è proprio il miglior modo, in italiano, di usare questa espressione inglese). Qualcuno dovrebbe forse spiegargli che si può anche nascere in Italia da genitori bianchi e crescere ugualmente nei bassifondi e che non è obbligato a dimostrare di essere partito più sfavorito di tutti.
In fin dei conti da Soumahoro ci si aspettava qualcosa di diverso. Nello stesso intervento in aula ha ribadito che italiani non solo si nasce ma lo si diventa anche, però non ha fatto minimamente cenno (anche nei giorni seguenti ed anche da Fazio) alla tematica dello Ius Soli che molti stranieri in Italia si aspettavano da lui. A qualcuno può essere sembrato più interessato alla condizione di chi, come lui, ce l’ha fatta piuttosto che a tutti quelli che non ci riescono, anche per una normativa sulla cittadinanza molto severa.Inoltre la Meloni aveva abbondantemente parlato di immigrazione e di rapporti col continente africano ma su questo il neoparlamentare non ha avuto nulla da replicare.
Il Presidente del Consiglio ha esplicitato l’intenzione di riesumare l’Operazione Sophia dell’Unione Europea ed ha ribadito la necessità di hotspot a sud del Mediterraneo che individuino gli aventi diritto d’asilo “per evitare che la selezione la facciano gli scafisti”. In merito all’immigrazione ha detto, d’ufficio, che non può essere illegale e che, ovviamente, deve essere regolata dai decreti flussi.
Poi ha rievocato la figura di Enrico Mattei e nel farlo ha auspicato un’Italia nuovamente capace di stabilire rapporti di reciproca convenienza con gli altri stati. Ha detto che il nostro paese, che lei chiama nazione, deve farsi promotrice di “un piano Mattei per l’Africa” ed è a questo che Soumahoro si è agganciato (all’espressione e non al concetto) replicando velocemente, dopo la gara tra underdog, che “l’Africa un piano l’ha già avuto, nel 1884, quando fu spartita, distrutta, attraverso la Conferenza di Berlino con la Colonizzazione”.
Per palesare la mancanza di aderenza alla questione, sua e dei vicini di banco che l’hanno applaudito, potrebbe forse essere sufficiente ricordare che il partigiano, deputato e imprenditore Enrico Mattei è nato nel 1906.
Che Soumahoro sia stato scelto per più che altro per ragioni di propaganda lo si puà capire da questo tipo di siparietti e dal fatto che in molti video vengono tagliate le parole finali del suo intervento in cui si confonde e dice che “l’Italia ha bisogno dell’amore per il potere e non del potere dell’amore”.
Se gli fosse riuscito di dirlo al contrario, potremmo starne certi, questa frase in stile Nichi Vendola sarebbe stata riportata da tutti i media mainstream. Se invece la stessa gaffe l’avesse fatta la Meloni, ne siamo ugualmente certi, non sarebbe stata ignorata e ne staremmo ancora ridendo.