L’opposizione sotto shock a causa dei risultati del primo turno imprime una svolta sciovinista.
Ci sono voluti quattro giorni perché il candidato presidenziale turco Kemal Kilicdaroglu rompesse il silenzio dopo la sua sconfitta elettorale al primo turno di domenica.
Kilicdaroglu si è rivolto a una assemblea di sostenitori del suo partito con una retorica energica ma divisiva.
Ha invitato tutti in Turchia a fare una scelta tra un governo guidato dal presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha detto porterà “10 milioni di rifugiati in più”, e se stesso, promettendo di proteggere i confini turchi e rispedire indietro tutti i rifugiati.
Kilicdaroglu ha usato un linguaggio che potrebbe essere considerato ultranazionalista arrivando ad affermare che i rifugiati rappresentano una minaccia che “potrebbero diventare una macchina del crimine” se la lira turca continua a deprezzarsi sotto il governo di Erdogan.
La questione dei rifugiati, siriani ma non solo, ha tenuto banco in questa campagna presidenziale, con il rivale di Erdogan che ha fatto leva sui sentimenti xenofobi di una parte della popolazione indirizzandoli verso un facile capro espiatorio. Kilicdaroglu, così come aveva in precedenza fatto il sindaco di Istanbul, ha accusato il governo di aver favorito l’ingresso di milioni di siriani fuggiti dalla guerra a scapito dei dei cittadini turchi soffiando così sul fuoco del razzismo e della persecuzione.
Ma aldilà del contenuto del suo discorso risulta interessante anche notare che la squadra di Kilicdaroglu abbia impiegato quattro giorni interi per elaborare una strategia per il ballottaggio. Sembrava che non avessero nulla di preparato.
L’opposizione aveva chiaramente sperato in una vittoria al primo turno il 14 maggio sulla base di sondaggi pubblici che indicavano che Kilicdaroglu avrebbe superato il limite del 50% necessario per vincere a titolo definitivo.
Eppure quella vittoria non si è concretizzata. Kilicdaroglu è rimasto indietro rispetto a Erdogan con il 44,96% contro il 49,4 del presidente, senza un piano B ed ora punto tutto sull’espulsione dei profughi siriani.
Resta da capire cosa potrebbe succedere se il leader dell’opposizione vincesse, creando così un clima ostile per i 4 milioni di rifugiati nel Paese, con tutta probabilità più che tornare in Siria, proverebbero ad approdare in Europa.