Il numero di minori in povertà assoluta stimati nel 2018 è quasi quadruplicato rispetto al numero del 2008. In dieci anni si è passati da 375.000 minori a 1.262.000. Il Mezzogiorno detiene il triste primato di incidenza di povertà relativa minorile con una media intorno al 30-40%. La media del Nord è più bassa, con un’incidenza che varia dal 7% al 15% e con regioni come Trentino, Emilia-Romagna e Liguria come le più virtuose.
Fra i maggiori contributi del premio Nobel per l’economia Amartya Sen vi fu la nuova definizione di povertà che egli propose superando il focus sulla sola condizione economica ed aggiungendo un livello di profondità multidimensionale rendendo l’idea di povertà contingente su tutte quelle risorse economiche ma anche sociali, educative e politiche capaci di influenzare e determinare le possibilità – o capabilities – dell’individuo di realizzare progetti.
Questa definizione più profonda di povertà è stata utilizzata anche nell’Atlante dell’Infanzia a Rischio di Save the Children. Quest’anno l’Atlante ha raggiunto la sua decima edizione (la prima fu presentata il 18 novembre 2010 presso la Banca d’Italia).
Dal 2008 al 2018 la media di NEET (giovani non occupati e in nessun percorso di formazione) è aumentata del 4%. A questi dati economici c’è da aggiungere l’aumento del 2% di giovani disabituati alla lettura e un tasso medio nazionale di giovani che non frequentano i luoghi di cultura (come il teatro, siti archeologici e mostre/musei) del 66%.
Fra i punti di rilievo dell’Atlante però vi sono aspetti positivi per quanto riguarda l’accesso ai numeri reali legati ai tassi di povertà in Italia
un gruppo di studiosi istituito dall’istat nel 2005 ha portato dal 2008 alla pubblicazione dell’attuale indicatore di povertà assoluta, un sensore articolato che ci ha permesso di documentare in modo chiaro il peggioramento delle condizioni di vita delle famiglie e di molti bambini, e insieme la crescita dei divari territoriali.
X Atlante dell’Infanzia a Rischio, Save the Children, p.163
L’indicatore di povertà sviluppato dal gruppo di lavoro dell’I
stat infatti considera adesso anche “la composizione familiare per età e al diverso costo della vita nelle aree geografiche (Nord e Sud, ma anche città e campagna), tenendo conto del livello dei prezzi del luogo in cui la famiglia risiede.”
Se da un lato i dati hanno non hanno mostrato miglioramenti, questi ultimi ci sono stati in merito alle metodologie di raccolta di dati più affidabili e ad un focus maggiore del Governo sul tema della povertà. Iniziative quali il ReI (reddito di Inclusione) e il più recente RdC (Reddito di Cittadinanza) hanno di fatto creato azioni multidimensionali che integrano l’assistenza economica a percorsi di formazione ed accompagnamento.
E’ da apprezzare il fatto che le risorse previste per il programma ReI (1,7 miliardi per il 2018, 2,2 per il 2019, 2,1 dal 2020) sono state sostituite con le più cospicue risorse del RdC (7,1 miliardi di euro per il 2019, 8,055 per il 2020, 8,317 dal 2021) con 1 miliardo riservato al rafforzamento dei centri d’impiego.
E’ presto per poter dire se questi sforzi risulteranno in effetti positivi. Ciò che invece si può ricordare riportando le osservazioni dell’Atlante è che “è ormai chiaro agli osservatori attenti che misure come il ReI o (a maggior ragione per il suo carattere universale) il RdC rischiano di avere un impatto limitato nella lotta alle povertà minorili se calate in contesti fortemente deprivati e carenti dal punto dei servizi sociali, sanitari ed educativi, dedicati ai bambini e ai loro genitori.”
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