La Spiderwoman musulmana, così è stata soprannominata la ventiquattrenne indonesiana che quattro giorni fa ,nella Cina dei “campi di rieducazione” e della repressione etnico-religiosa nei confronti degli uiguri, con i suoi 6.995 secondi ha battuto il record femminile diventando la donna più veloce al mondo in arrampicata,la prima nella storia a scendere sotto i 7 secondi.
Lei, sguardo determinato, agilità da ghepardo e hijab che le inquadra il viso, nonostante l’infortunio alla mano è riuscita a raggiungere la vetta dei 15 metri in tempi record spingendosi oltre i limiti umani e battendo così la rivale cinese Yiling Song.
La pluripremiata Aries non è altro che uno dei tanti esempi di donne musulmane che combinano il loro abbigliamento “modest” e la passione per lo sport.
Spesso l’immagine che si vuole dare delle donne musulmane è quella di donne segregate ed escluse dalla società, e succede sempre più spesso che al loro hijab si associ un minaccia verso la libertà ed un grosso limite nella quotidianità, eppure Aries come le campionesse di takewondo Marjan Salahshouri, Rafia Rosmaniar, la schermatrice olimpica Ibtihaj Muhammad (prima donna musulmana a rappresentare gli Stati Uniti in una competizione internazionale), la pattinatrice internazionale Zahra Lari e Amna Haddad sollevatrice di pesi, e collaboratrice di nike pro hijab, non sono altro che la personificazione della forza di volontà dove il velo è una scelta diversa non un’imposizione.
Loro sono donne che hanno saputo lottare contro le imposizioni e i pregiudizi sociali per difendere il diritto alla propria autodeterminazione, un’autodeterminazione difficile perché, se da una parte del mondo le si guarda come schiave di una cultura arretrata, dall’altra, le si giudica per la loro troppa audacia nel lanciarsi in un campo tipicamente maschile .
Queste donne rappresentano il volto nuovo, di una gioventù musulmana che si rifiuta di essere rinchiusa all’interno di scemi imposti da altri, il riflesso di una sempre più riccorrente “ribellione” non solo contro quel pregiudizio tipicamente occidentale che riconosce come libertà solo quella attinente ai propri canoni; ma anche contro i retaggi di un passato misogino che ha fuso aspetti culturali discutibili con i precetti religiosi.
Un passato che oscurò pezzi di storia che hanno assistito imprese femminili non indifferenti,su tutti i fronti: da quello educativo, la celeberrima Fatima al Fihria, fondatrice della prima università al mondo(859 ben due secoli prima di quella di Bologna), la poetessa e matematica nonché astronoma Bija Munajjima(1500) la letterata Habba Khatun, Sayyida al Hurra (1542), la Regina Zaynab An_nafzawiya(1075) e la sultana Khnat bint Bakkar in campo diplomatico e politico, Khawlah bint al Azwar, Khawlah bint Ta’laba (7° secolo) in campo militare.
Tutte donne che in diversi modi hanno contrastato schemi sincretici tra cui scegliere determinando così o subordinazione verso la figura maschile o contrapposizione ad essa divenendone inconsapevolmente una copia.
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