La prima intervista televisiva del Capo dell’Amministrazione Transitoria Siriana Ahmad Al Sharaa

Questa è la prima intervista televisiva concessa da Ahmad Al Sharaa, Capo dell’Amministrazione Transitoria Siriana, trasmessa dal canale Al Arabiya il 29 dicembre 2024. L’intervista è stata condotta da Taher Barakeh, giornalista senior del notiziario del rinomato canale satellitare internazionale con sede in Arabia Saudita, Al Arabiya. Abbiamo tradotto integralmente l’intervista in italiano per renderla accessibile al nostro pubblico.

Traduzione a cura di Abdallah Kabakebbji

TB: Benvenuti in questa intervista esclusiva a Ahmad Al Sharaa, Capo Nuova Amministrazione Transitoria in Siria.  Ben trovato Sig. Al Sharaa sugli schermi de Al Arabiya, grazie per averci riservato questa che è la sua prima intervista televisiva.

AS: Benvenuto.

 

Come valutate questa esperienza della Siria che ha visto questo cambiamento in venti giorni appena, dopo la caduta del regime?

Nel nome di Dio, il Misericordioso il Clementissimo.

Partiamo col dire che ci sono stati questi venti giorni certo, ma prima di essi ci sono stati 14 anni, 14 anni di tragedie,  molte persone sono state deportate dalle proprie case, molte sono state costrette a migrare, molte sono annegate in mare in fuga verso paesi stranieri, molti hanno subito le armi chimiche, insomma una sofferenza molto grande, le torture in prigione, gli scomparsi, e dopo tutto questo c’è stata una situazione di stallo riguardo qualsiasi soluzione politica come sapete, sono state fatte molte proposte al regime precedente, alcune delle quali erano anche a favore di quel regime, ma hanno trovato una porta chiusa da parte sua.

Quindi la dimensione del conflitto era diventata pericolosa, parliamo di una regione piccola rispetto al resto del mondo, dove però erano presenti contingenti militari di alcune potenze mondiali, c’erano i russi da un lato, che hanno degli interessi opposti agli americani, che erano anch’essi presenti sull’altro versante del territorio, a nord est, e stiamo parlando delle due più grandi potenze mondiali diciamo, inoltre abbiamo la presenza in questo scenario di potenze regionali piuttosto importanti, l’Iran, la Turchia, così come anche Israele stessa ha operato delle incursioni in Siria, e c’erano anche degli interessi di alcuni stati del Golfo [persico] in un modo o nell’altro, e tutti questi si scontrano su questa piccola porzione, geograficamente, di terra.

Quindi eravamo di fronte ad una chiusura completa delle soluzioni politiche, e per il popolo non c’era altra soluzione se non quella militare, ovvero di essere costretti ad un confronto armato con il regime. In questa scelta militare abbiamo cercato di considerare alcune questioni: prima tra queste gli sfollati e i deportati, e l’unica soluzione sarebbe stata quella di farli tornare nelle loro case. Un’altra questione era di fare in modo di entrare nelle grandi città senza creare distruzione, e senza causare nessuna deportazione della popolazione, sebbene l’operazione fosse di tipo militare. Sicuramente quindi abbiamo cercato di essere rapidi e precisi, in modo da rendere le operazioni militari più brevi possibile.

Così abbiamo fatto quindi, siamo entrati con forze armate nelle città ed è stato un ingresso senza danni, e comunque l’ingresso nelle città non è avvenuto solo con i soldati, bensì con un “contingente civile” ovvero con una quantità cospicua di personale preparato che prendesse subito in carico l’amministrazione dei servizi prioritari: la pulizia, l’istruzione, la sanità, ma anche l’amministrazione dell’energia in generale, l’elettricità, i carburanti. Quindi siamo riusciti a generare una transizione fluida e veloce tra l’amministrazione precedente e quella nuova. La mia valutazione quindi è che c’è stato un grande cambiamento in questi giorni, direi proprio regionale, tenendo conto che c’era proprio il rischio di una crisi e conflitto allargato regionale. Si parlava di un ingresso di Israele in Siria, e si diceva che sarebbe stato proprio lo “scontro finale”, dopo Gaza e il Libano, ed era un rischio reale.

In caso fossero entrate delle forze israeliane in Siria, gli iraniani avrebbero spinto l’Iraq ad entrare in gioco per fronteggiare questa avanzata, la Turchia a sua volta avrebbe percepito come fortemente ostile questa situazione, e avrebbe avuto delle posizioni, io credo, in opposizione ad una avanzata israeliana, in sostegno degli iraniani, ed in questo scenario i russi avrebbero approfittato di sicuro della situazione come diversivo  dal conflitto in Ucraina con sicure reazioni da parte degli Stati Uniti, che avrebbero potuto anche compiere  aggressioni su Teheran, attraverso basi missilistiche Usa presenti in alcune nazioni arabe del Golfo, alle quali a sua volta l’Iran non avrebbe potuto fare a meno di rispondere, e la crisi avrebbe avuto un aggravamento veloce e diffuso. Questa “guerra lampo” senza danni che abbiamo compiuto, quindi ha messo al riparo tutta la regione da questi rischi prevedibili, e ha messo al sicuro anche i paesi del golfo per altri 50 anni, così come ne ha giovato la Turchia per  la sua sicurezza nazionale ed ovviamente alla sicurezza nazionale della Siria in prima istanza, come per qualsiasi nazione abbiamo attorno.

 

Parole molto importanti, lei parla di sicurezza del Golfo e della regione per i prossimi 50 anni.

Certamente. Seguendo la logica, noi consideriamo che il “progetto di esportazione della rivoluzione iraniana”, verso i paesi arabi, perpetrato strumentalizzando principalmente come argomento la liberazione della Palestina, utilizzando una ben definita setta, ebbene tutto questo ha avuto conseguenze  in tutta la zona. In ogni Paese sia entrato  questo “progetto iraniano”, l’Iraq, il Libano, la stessa Siria, sono accadute le stesse cose: anzitutto abbiamo osservato lo sviluppo di una profonda divisione settaria interna che ha portato a guerre civili, in secondo luogo è avvenuto un diffondersi della corruzione diffusa nella amministrazione locale, nelle istituzioni, nelle organizzazioni,  fino ai governi, e terzo avviene un fenomeno ripetuto della produzione di droghe, come il Captagon, etc.  Damasco per esempio, capitale della Cultura e della Storia è diventata il più famoso centro di produzione e diffusione del Captagon e altre droghe verso tutto il mondo.

Damasco ha una grande importanza per la Civiltà umana, è la più antica o una delle più antiche città del mondo, e la Siria in generale rappresenta un territorio strategico importantissimo, la sua Sicurezza influisce sulla sicurezza della regione in positivo o in negativo. Quello che è accaduto quindi è che una malattia, che si è diffusa in dei paesi arabi per 40 anni è stata estirpata in 11 giorni. Noi non siamo andati a Teheran, non siamo andati nel sud del Libano, noi siamo entrati a liberare i nostri paesini e le nostre città, per cui chi parla di esserci scontrati con qualcuno [di esterno] ebbene non è così, non siamo andati a Teheran, questi posti dove siamo andati sono i nostri villaggi e le nostre città, che sono state bombardate, erano territori occupati da gente che è venuta da fuori, ed è per questo che avete tutti osservato la gioia della popolazione al nostro arrivo perché tutti erano contenti di essersi liberati da quel regime e soprattutto da quelle forze che lo hanno sostenuto.

 

Lei si considera, come spesso viene detto, anche tra i siriani, come il “liberatore della Siria”?

A dire il vero la liberazione della Siria è un processo al quale hanno lavorato moltissime persone. Chiunque è migrato o è stato deportato da casa sua, chi si è sacrificato, chi è stato ucciso, chi è stato torturato, chiunque abbia fondato un’associazione umanitaria e abbia sostenuto la rivolta siriana, così come chi ha combattuto e ha difeso la gente in questi territori, tutti questi hanno partecipato alla liberazione della Siria, non è possibile mettere da parte queste persone e pensare che ci sia solo una persona che abbia liberato la Siria.

Penso che semplicemente Dio mi abbia messo a disposizione di questo popolo, in questo momento, ma io senza questi eroi, la loro pazienza e sacrificio in questi anni, non avrei mai potuto arrivare a questo. Lei pensi a chi ha avuto la pazienza di vivere nelle tende per 14 anni, alcuni sono morti, di freddo e di caldo, alcuni sono rimasti vittime di incendi, prima di poter tornare alle case da cui il regime le aveva allontanati, ebbene questi sono stati in prima linea perché arrivassimo a questo.

 

Ahmad Al Sharaa sarà il prossimo presidente della Siria?

In questo momento ci sono varie fasi attraverso le quali deve passare la nuova Siria. La prima è quella del passaggio di consegne in modo diretto e lineare affinché non crolli nessuna Istituzione dello Stato.  Il secondo passaggio è quello della transizione. La transizione ha delle caratteristiche che devono essere rispettate per chiunque voglia portare a termine questo delicato e importante processo. Anzitutto abbiamo bisogno di redigere la nostra nuova Costituzione, con la dismissione della Costituzione precedente, e comunque qualsiasi prassi sia decisa dai nostri giuristi ed esperti e che sia necessaria per chiudere con la fase precedente. Comunque la creazione di una nuova costituzione richiede un periodo di tempo che può richiedere dai due ai tre anni, Dio ne sa di più.

 

Due o tre anni? per modificare una costituzione?

Si, due o tre, per scriverne una nuova. Ci sono molti particolari da discutere, poichè si tratta di ridisegnare uno Stato completamente nuovo, e non di continuare con una versione di quello precedente.  Lo Stato in questo momento è pieno di rovine e macerie burocratiche e non solo. Il regime ha governato per più di cinquant‘anni e ha lasciato una situazione di divisioni interne, aberrazioni nel sistema dell’istruzione, in campo agricolo, commerciale, industriale. Noi abbiamo bisogno di Leggi che siano al passo coi tempi e delle aspettative dei siriani affinché abbiano quelle opportunità di crescita e sviluppo che meritano.

Quindi la redazione della Costituzione non deve essere una operazione “fast food”, ma una operazione fatta con grande cura, che subirà un controllo accurato, ci vorranno giuristi esperti, anche in diritto internazionale, affinchè sia una Legge fondamentale che possa essere efficace per il più lungo lasso di tempo. L’occasione di rinnovamento che abbiamo oggi non la avremo ogni 5-6 anni, quindi siamo ad un bivio storico, dopo quasi 60 anni, quindi dobbiamo fare in modo che la Siria non rientri mai più in quelle strade tragiche in cui si è trovata nei decenni passati.

 

Quindi le elezioni politiche e presidenziali quando potrebbero avvenire?

Ecco abbiamo anche qui dei problemi da risolvere. L’infrastruttura burocratica in Siria in questo momento è decisamente carente e ha bisogno di essere ricostituita da capo.  Pensi che si stima di avere più di 15 milioni di siriani che sono stati deportati o che sono rifugiati all’estero in questi 14 anni, e la maggioranza di queste persone non hanno più documenti validi di riconoscimento. Oggi se si chiede di preciso quanti siano i siriani, nessuno sa dare un numero esatto documentato.

Il censimento dei cittadini siriani richiede del tempo, così come la ricostruzione degli status giuridici dei siriani residenti all’estero richiede altro tempo attraverso le ambasciate e i consolati, bisognerà registrare le nascite e le morti. C’è chi è uscito dalla Siria a 10 anni oggi ne ha 24, molte cose accadono. parliamo di una situazione legale molto ampia e variegata che va tutta messa a sistema in modo preciso e puntuale. Questo richiede molto tempo.

 

E’ possibile che le elezioni avvengano dopo 4 anni?

Sì, è possibile che sia così.

Il censimento ha bisogno di tempo e se questa operazione non fosse fatta in modo completo e preciso qualsiasi processo elettorale avrebbe forti vizi  e difetti di forma, mentre abbiamo invece bisogno di una operazione pienamente legittima, affinchè possiamo dire di aver registrato in modo  corretto  il consenso del popolo. Questo necessita di una competa  infrastruttura burocratica legale.

Questo ovviamente a fianco di una ricostruzione di tutte il tessuto del Paese, come quello economica, industriale. Come saprà la Siria era stata costruita con una logica economica di tipo socialista inizialmente, quindi con un certo tipo di distribuzione delle materie prime per esempio, grandi industrie che erano statali, direttamente amministrate dallo stato, con varie conseguenze, e questo va tutto cambiato verso un sistema moderno e aggiornato e ha bisogno di tempo.

 

Parliamo quindi di una economia capitalistica di tipo occidentale?

Beh penso che per ragionare sulla filosofia e la politica economica ci vorranno gli esperti  delle varie materie che verranno interpellati, che conoscano bene e a fondo  le caratteristiche del Paese, confrontandolo con tutti gli altri modelli ed esperienze a livello mondiale prima di dare una etichetta più precisa, considerando ovviamente le condizioni culturali del popolo e della sua storia. La Siria ha principalmente una economia agricola, quindi industriale certo, quindi di servizi, ma si valuta la forza economica di un paese per i suoi prodotti, e la Siria ha una terra molto fertile, in tutti i sensi, ma ha accumulato macerie negli anni scorsi, che dobbiamo eliminare per progredire e produrre meglio e di più.

Questo momento richiede una forte leadership, e questo in questo momento non è facile. Non penso che possa nessuno arrivare a produrre e firmare delle leggi o delle ordinanze, che possano essere seguite automaticamente. Oggigiorno in Siria la situazione non è tenuta insieme da leggi scritte, siamo in una fase in cui possiamo solo  gestire delle situazioni una per una, siamo nella fase della ricostituzione delle leggi e del Diritto, e oggi chi è nella posizione di dirigere la situazione deve anzitutto dare indicazioni che siano efficaci, che possano essere seguite con facilità, e questo vale a tutti i livelli, economico, politico, militare, di sicurezza, mediatico.

 

E questo può essere uno degli obiettivi dei congressi popolari previsti? quando saranno fatti, chi vi parteciperà?

Anzitutto il congresso sarà aperto e comprensivo di tutte le voci siriane.

Ci si è abituati che durante le rivoluzioni popolari, alcune decisioni storiche come quelle di revocare la Costituzione, o lo scioglimento del parlamento, vengano prese in autonomia dalla forza che ha conquistato il potere con le armi o che si fosse  imposta in qualche modo, e io vorrei che in Siria la cosa accada in modo diverso, e che sia un processo più partecipato e le decisioni appunto così pesanti per un Paese come lo scioglimento del parlamento e la revoca di una costituzione avvenga attraverso un processo più ampio di una singola parte.

tutti devono partecipare

in questo congresso esporremo e spiegheremo la questione siriana, in tutti i suoi aspetti, con tutti i suoi aspetti, alcuni dei quali sono stati esposti, e lasceremo la parola alle varie voci che parteciperanno anche con un voto alle decisioni che prenderemo.

 

Pensa che possa funzionare il cosiddetto “modello Idlib” generalizzato a tutta la Siria, a tutto un Paese?

Quando ero a Idlib dicevo che il modello idlib non sarà valido per tutta la Siria ma è una base, su cui costruire altro. avevamo ragionato molto sul fatto che alla caduta del regime, avremmo avuto bisogno di chi dirigesse le istituzioni. Quindi dissi che noi avremmo costruito delle istituzioni nelle zone liberate, lavorando in squadra, poichè dirigere delle istituzioni pubbliche non è facile, ed avere almeno delle basi che potessero traghettare in modo efficace queste istituzioni statali fino al prossimo passo era necessario. Se mi chiede se questo basti per amministrare  regolarmente il paese le dico di no, ma sarà sufficiente per un periodo.

comunque quello che è successo in idlib è qualcosa di molto buono, abbiamo una zona dove non c’è quasi nulla come risorse importanti e siamo riusciti a costruire istituzioni capaci di gestire le risorse, che hanno creato posti di lavoro, hanno agevolato lo sviluppo economico, hanno garantito la fornitura elettrica e degli altri servizi regolarmente. Queste esperienze di nuclei iniziali, hanno dato frutti e sono buone basi su cui costruire.

 

Quanto ci vorrà per arrivare ad un adeguato livello di servizi?

Beh penso presto, se Dio vuole.

 

Presto, dice?

Si, noi prospettiamo che la Siria non diventi come Idlib soltanto, ma che aspiri allo standard dei paesi più avanzati al mondo, in pochi anni.

 

Si ma parlo delle esigenze più impellenti di cui la gente ha bisogno, l’energia elettrica, a benzina, le banche, la valuta… quanto tempo?

Possiamo dire nel giro di un anno. Si penso sia ragionevole pensare che in un anno circa avremo dei cambiamenti radicali, se Dio vuole.

 

Alcuni temono questo governo transitorio mono colore, non trova che la scelta dei nomi sia stata troppo ristretta ad una sola parte?

In questa fase si, è vero. Questo perché c’è una squadra affiatata di gente che si conosce e che ha già lavorato insieme, ed in questo momento questo è necessario. Ciò di cui non abbiamo bisogno in questo momento è quello di avere istituzioni che lavorino come isole distanti e non comunicanti.

Non potevamo neanche pensare di distribuire le Istituzioni e i ministeri su base etnica o di colore politico con il solo obiettivo di dimostrare apertura. In questo momento l’obiettivo è la massima efficienza. In altri paesi anche vicini a noi accade che i governi sono fermi perchè il sistema prevede la divisione dei vari poteri in base all’etnia, e non in base all’efficacia. Noi dobbiamo guardare all’esperienza e al merito, poi quando sarà il momento di insediare il nuovo governo ci potrà essere maggiore coinvolgimento politico nella amministrazione, ovviamente.

 

Quindi diciamo non è una forma di esclusione.

Si esattamente, mi faccia sottolineare la distinzione che c’è tra la condivisione del potere, e contro il “quotismo” dei governi. Se lo Stato siriano dovesse basarsi sul quotismo, dove viene assegnato a ciascuna minoranza o etnia o parte politica una quota dei poteri indipendentemente dalla coerenza generale del governo, questo porterebbe la Siria ad un fallimento perchè è un sistema che non funziona ed anzi sarebbe motivo di scontri. se invece parliamo di scelte basate sulla esperienza e il merito, evidentemente vedremo che questo ci darà frutti migliori e grande sviluppo.

 

Quindi potremmo vedere un nuovo Fares Khouri* presidente in Siria per esempio? [*politico siriano cristiano che ha ricoperto alte cariche nella Siria post indipendenza]

Io vorrei commentare questa questione, in molti sollevano dubbi e scetticismi sulla questione delle minoranze e delle varie componenti in Siria.

La Siria ha vissuto sempre come paese multi etnico, per migliaia e centinaia di anni, e continuare a sottolineare quello scetticismo prima o poi potrebbe scatenare davvero qualche scontro. Io dico, lasciate che la gente ritrovi il normale modo di vivere insieme come hanno sempre fatto e vedrete che andrà bene. Al momento la gente è contenta, e non si registra questa diffusa ansia per la convivenza che in realtà c’è da anni malgrado anche questo regime andato.

Sul chi potrà essere in quella o l’altra posizione, ci sarà la Legge che darà le opportunità a tutti e vedremo.

 

Si, è vero che i siriani hanno sempre vissuto insieme, ma hanno passato anche delle tensioni sociali e sentiamo di atti di vedetta e rivalsa, possiamo dire che è tutto sotto controllo?

E’ una società che ha delle ferite profonde. il regime ha lasciato al suo passaggio una scia di morte e ingiustizie. Alcuni vorrebbero farsi giustizia da soli con vendette personali ma questo non è il modo con cui si può costruire un nuovo Paese. Non possiamo favorire la mentalità della vendetta nella costruzione dello Stato, e non possiamo avere una continua mentalità dell’opposizione quando costruiamo uno Stato.

Abbiamo ereditato la condizione problematica siriana così com’è, dobbiamo gestirla con saggezza e tranquillità, ci sono personalità note che sono responsabili di massacri e crimini e questi verranno perseguiti senza dubbio, parliamo di crimini sistematici, o massari palesi, Hula, Banyas, le armi chimiche, le torture a Saydnaya. Ma se vorremo andare perseguire qualsiasi cosa sia successa in questi 14 anni, in questo momento, ebbene questa è una cosa concretamente non fattibile, bensì finirà per radicare un clima di continua vendetta, che porterà a faide, e comunque non sarà mai esaustiva come giustizia.

Noi anche nella operazione militare abbiamo fatto prevalere il perdono e l’amnistia dove possibile, rispetto all’aggressione e la eliminazione, e abbiamo liberato anche vaste aree senza versare una goccia di sangue, una volta stabilito l’equilibrio delle forze.

 

Questo è vero, ma ci sono delle violenze che sono capitate, gente che aggredisce.

La situazione è molto complessa e la Siria è grande, quello che sta succedendo è davvero il minimo che possa accadere, e stiamo gestendo anche quelle situaizoni, in modo efficace verso questi obiettivi di cui ho parlato, la quiete sociale e la riconciliazione. Non dimentichiamoci infine che ci sono molte persone che sono danneggiate da questa situazione [dalla caduta del regime e dalla liberazione], e che vorrebbero creare problemi e scontri intestini che creino caos nel nuovo sistema, non dobbiamo dare alibi a questa gente, che dobbiamo ricordarci che c’è.

 

Verrà sciolta Hayat Tahrir El Sham?

Certamente. non è possibile dirigere uno Stato con la mentalità del fronte armato, dell’opposizione rivoluzionaria, e di questo ne parlammo già a idlib,  siamo preparati mentalmente a questo, ma non c’era l’occasione adeguata. Il momento della gestione dello Stato penso sia la migliore occasione per farlo, e noi saremo i primi a farlo

 

Quando pensa che accadrà?

Penso che accadrà durante il congresso.

 

Ah quindi durante il congresso del dialogo nazionale ci sarà l’annuncio dello scioglimento del HTS?

Si esatto.

 

Beh è una sorpresa per noi.

Si, diciamo che è un’esclusiva per voi.

 

E’ caduto per voi il fronte di opposizione politico, come è caduto il regime?

Sicuramente c’è una profonda differenza tra l’opposizione politica che ha fatto anch’essa dei sacrifici e ha lavorato per far cadere il regime e il regime stesso, non è paragonabile. Loro hanno dovuto abbandonare le loro case, migrare, sacrificarsi e non possiamo paragonarli.

però certamente dico, la costruzione dello Stato, nello Stato, non può tollerare le divisioni  attorno a questo tema, quindi ci sono organizzazioni che sono state fondate per destituire il regime, e questo è caduto, e non c’è più il motivo per la permanenza di queste organizzazioni. Riuniamoci tutti sotto un unico processo unitario di costruzione di un nuovo Stato, non abbiamo bisogno di altri organismi paralleli.

 

Questo vuol dire che la Coalizione dovrebbe sciogliersi?

Non vuol dire certo che debbano tornarsene ognuno a casa sua senza fare altro, ma che debbano unirsi al cammino di costruzione dello stato, da cittadini come tutti i siriani, con il loro contributo.

 

Come comuni cittadini?

Come tutti i cittadini, come gli altri, con la caratteristica di una certa esperienza da valorizzare.

 

Senza trattative?

Quali trattative? con chi dovrebbero trattare? Ora?

 

E la risoluzione 2254, la Comunità Internazionale,  la Commissione dell’inviato George Peterson etc?

La situazione è evidentemente cambiata, e le condizioni sono diverse. Le risoluzioni internazionali devono prevedere una certa flessibilità per adeguarsi ai cambiamenti ed arrivare all’obiettivo. Quando abbiamo datto atto alla nostra manovra militare avevamo proprio considerato la 2254. La Risoluzione ONU 2254 è formata da una parte centrale e da una parte più esterna (secondaria). 

Nella parte centrale della risoluzione si parla di: il ritorno degli sfollati, e in questo momento questo è possibile ed in corso, poi si parla del ritorno dei rifugiati, ed anche questo in questo momento è possibile, le frontiere sono aperte a tutti i siriani del mondo, inoltre si parla del rilascio dei detenuti politici, ed è la prima cosa che abbiamo fatto dovunque come si è visto, inoltre si parlava di una transizione pacifica del potere, e questo è avvenuto: il presidente e i suoi sono fuggiti e abbiamo preso il suo posto senza scontri armati. Posso dire che la parte centrale e prioritaria della risoluzione 2254 è stata soddisfatta.

Restano quelle parti che non sono oggi realizzabili: si parla di fare un passaggio di consegne, e quindi cosa dovremmo fare? mandare un invito a Bashar a Mosca chiedendogli un passaggio di consegne? non è fattibile. Ci sono ragionamenti logici da fare. Quella risoluzione è stata emanata nel 2015, noi siamo nel 2024, alla fine del 2024, e quest’ultima battaglia ha modificato ogni equilibrio precedente. Bisognerà che venga preso in considerazione il nuovo scenario, che è migliorato moltissimo rispetto a quello che avevamo all’emanazione della 2254.

Vorrei sottolineare anche un’altra cosa in questo contesto. La questione siriana dura da circa 14 anni e ci sono state molte sofferenze, e ci sono stati molti tentativi per risolvere la questione, ma sono falliti tutti gli sforzi, quelli delle Nazioni Unite, che di altri, e non sono riusciti in questi anni a far rilasciare un solo detenuto, hanno fallito nel far tornare un solo sfollato, o un solo rifugiato, e hanno fallito nel convincere il regime di Assad di accettare uno qualsiasi delle soluzioni politiche che sono state proposte, ed oggi dobbiamo dire che il popolo siriano, si è salvato e si è liberato da solo, e direi che non è il caso di fare molto i pedanti con le risoluzioni che possono solo prolungare la sofferenza di questo popolo, perchè dovremo dircelo: qual è l’obiettivo della risoluzione? L’applicazione della stessa o la soluzione della crisi? Le cose sono andate nella direzione migliore secondo molti parametri, e non penso che nessuno all’ONU sia infastidito dalla gioia dei siriani per la loro liberazione, e non penso nessuno voglia rovinare la loro festa reclamando l’applicazione di alcune appendici secondarie delle risoluzioni oggi non utili, perchè legate al passato.

 

Pare proprio che non voglia ricevere nessuna commissione ONU per nulla…

No di certo, la Commissione Onu ha giocato un ruolo senza dubbio ma non è riuscita in questi anni a risolvere quasi nulla. Noi possiamo gestire la nuova fase insieme alle Nazioni Unite, che potranno uscirne con un immagine rosea da questa crisi e dal dossier siriano, in modo che possa essere vista in modo diverso dai siriani che finora la guardavano senza grandi speranze, perchè nel mezzo della sofferenza l’ONU si limitava a inviare alcuni messaggi e alcuni aiuti umanitari, senza risolvere la questione. Direi che abbiamo la possibilità se vogliamo di uscirne tutti vincenti da questa situazione, giocando il nostro ruolo nella fine delle sofferenze del popolo e nel successo di questo cambiamento.

 

Non le nascondo Sig. Al Sharaa, che mentre lei parla di un vantaggio generale per tutti dato dalla vittoria della rivoluzione siriana, ci sono alcuni commentatori, tra i più ansiosi, o per così dire i più scettici e timorosi, che vedono da questi eventi una ondata di riaffermazioni dei movimenti islamisti nei paesi della regione che combattono organizzazioni come quella dei Fratelli o altri. Ci sono immagini di personaggi che vediamo circolare in questi giorni che sollevano alcune preoccupazioni, e ci sono state anche azioni del regime passato  come la consegna ad alcuni stati del golfo di alcune persone ricercate. In questo contesto e voi avete molte relazioni con molte di queste personalità, come vi comporterete?

Anzitutto noi vogliamo allontanare la Siria da qualsiasi situazione di confronto politico che possa portare danni a paesi vicini o lontani. Noi siamo stati chiari con tutti, vogliamo costruire normali relazioni strategiche, con i paesi vicini e il nostro obiettivo è lo sviluppo economico e il benessere, il popolo ha sofferto oltremodo per le guerre e gli scontri della zona, e non vogliamo mettere la Siria in una situazione che sia spiacevole per gli altri stati, e senza avere ottimi rapporti strategici che perseguano interessi reciproci e in comune con i paesi limitrofi, questo obiettivo non si potrà mai ottenere. La siria non sarà origine per nessun timore per nessuno.

Come sapete è un momento di festa e tantissimi dal mondo arabo vengono ad incoraggiarci e a congratularsi con noi, e mi sono sorpreso di vedere tante sigle da tutto il mondo arabo, alcune delle quali sono di fazioni da questa o da quest’altra parte, che non conoscevo, ma noi accogliamo tutti e non vogliamo tendere da un lato o dall’altro nelle dispute locali di altri paesi, e desideriamo per tutte le nazioni la stabilità e la sicurezza.

 

E la Rivoluzione? la questione dell’ “esportazione della rivoluzione”? cosa ci può dire di questo?

Io ho detto dal primo momento, ed ho informato tutti, e il mio primo messaggio è stato che la rivoluzione si è conclusa per noi, perché ha raggiunto il traguardo dell’inizio della costruzione dello Stato. Non c’è nessun progetto di allargare la rivoluzione o esportarla ad altri scenari. Ho detto che vogliamo gestire la fase attuale con la mentalità dello Stato e non della Rivoluzione, che pure è un onore per noi, ed è una parte costitutiva della nostra identità storica, che ci rende orgogliosi, perchè è stata una rivoluzione benedetta, ma è una fase conclusa.

 

Come valutate le ultime dichiarazioni e le iniziative dell’Arabia Saudita dopo la caduta del regime?

Molto positive. Certamente per l’Arabia Saudita la stabilità della Siria favorisce il proprio interesse nazionale in modo diretto e in generale favorisce gli interessi di tutti i paesi del golfo, e questo perché le minacce del “progetto iraniano” [di espansione] verso i  paesi del Golfo sono reali e la Siria era un centro nevralgico della regione. Penso che l’Arabia Saudita cerchi di garantire in ogni modo la stabilità della Siria, e saranno partecipi per quanto riguarda lo sviluppo e il progresso che cerchiamo di raggiungere.

E’ vero che la Siria è un paese afflitto e in difficoltà ma è anche una grande opportunità di investimento e sviluppo, per i paesi vicini che possono realizzare progetti strategici che possono avere ottimi ritorni economici che gioveranno agli interessi di tutti. Io personalmente sono molto fiero di tutto quello che hanno fatto finora, e ci sono delegazioni che si sono succedute che stanno preparando relazioni nuove e proficue strategiche molto equilibrate tra i nostri paesi.

 

Pensate che l’Arabia Saudita quindi  avrà un ruolo nel futuro della Siria?

Certamente l’Arabia Saudita avrà un ruolo, è una potenza regionale molto importante, ha una certa influenza sulle grandi potenze del mondo, e la partnership con la Siria avrà senz’altro un grande effetto.

 

Ha parlato recentemente della visione strategica economica e di sviluppo del principe Mohamed Bin Salman, come può la Siria trarne vantaggio e come può l’Arabia Saudita contribuire in questo?

L’Arabia Saudita ha costruito una rete di infrastrutture molto grande, ed è passata dall’avere una economia che si basa totalmente sul petrolio ad una economia che si basa anche sulla produzione industriale interna, quindi su una diversificazione dell’economia, e ho seguito ed osservato questi progressi recenti, i grandi cantieri e i grandi progetti, e questo è quello di cui c’è bisogno. La gente non ne può più delle guerre e degli scontri continui.

La visione ventennale e trentennale inoltre ha ridotto alcuni rischi reali che erano legati ad una economia completamente basata sui giacimenti petroliferi, che sono risorse che in conclusione andranno ad esaurirsi, e per forza ci deve essere una infrastruttura economica adeguata, con produzione locale diversificata, per evitare il rischio di una economia monotona.

 

Dichiarazioni dall’Iran dicono che nessuno dovrebbe pensare di aver vinto in Siria, e che bisogna aspettarsi ancora altri eventi in quello scenario prossimo venturo. Come reagite a queste dichiarazioni?

Devo dire che speravo che l’Iran rivalutasse le proprie valutazioni sulle proprie strategie di intervento nella regione, fatte a discapito delle nazioni e dei popoli di questa regione, l’Iran con il suo comportamento ha lasciato in Siria molte ferite, poichè sono loro che hanno reso necessario l’intervento dei russi, e come sa c’era una strategia di colpire e distruggere infrastrutture come scuole, ospedali, forni ed altri luoghi che hanno danneggiato molto la popolazione.

Io penso che questa fase rende necessario per l’Iran di rivedere le proprie posizioni. La Siria non può permettersi di non avere relazioni e rapporti con un grande attore regionale come l’Iran, ma devono essere rapporti su basi diplomatiche chiare, nel rispetto della sovranità dei due stati, evitando l’intromissione negli affari interni dell’altro, evitando qualsiasi intrusione che stimoli scontro e odio settario, e penso che ci sia una vasta parte della popolazione iraniana che ambisce a vedere il proprio paese avere un ruolo positivo e costruttivo nella regione come ogni altro paese, senza essere sponsor di milizie in altri paesi che creano odio e violenza.

 

Quindi non pensate a richieste di risarcimenti contro l’Iran, contro Hezbollah, avete pensato a citarli in giudizio per le loro azioni?

Devo dire che non abbiamo ancora pensato a questo. Vorrei lasciare questo tipo di dossier alle istituzioni siriane giuridiche specializzate,  noi stiamo preparando le condizioni per una ricostruzione e una riconciliazione dopo un periodo di violenza che ha lasciato delle profonde ferite.

Certo le ferite inflitte da parte dell’Iran al popolo siriano ci sono, e noi speriamo guariscano il prima possibile e sappiamo che ci sarà bisogno di tempo e di giustizia. La cosa più importante è che l’Iran non torni mai più a pensare nemmeno di sfruttare la Siria come avamposto per i suoi progetti di ingerenza, contro la stabilità nostra e  di altri stati vicini.

 

Avete segnali che queste ingerenze ci siano state anche dopo la caduta del regime?

Noi abbiamo subito proceduto  [dopo la liberazione delle città] alla messa in sicurezza delle loro ambasciate, dei siti ufficiali riguardanti lo Stato dell’Iran, ma anche i mausolei religiosi sciiti di loro interesse, per evitare eventuali rappresaglie fuori controllo, questo come dovere di uno stato verso un altro stato, e speravo che questa chiara presa di posizione trovasse qualche dichiarazione ufficiale in risposta.

La gioia e la festa dei siriani per la liberazione non dovrebbe creare disagio presso nessuno in Iran, anzi i popoli dovrebbero gioire sempre per la liberazione di un altro popolo, perchè in definitiva i popoli sono sempre dalla stessa parte.

 

La Russia dice che ci sarebbero pressioni su di voi affinchè siate particolarmente restii nelle relazioni con loro nell’ultima fase. Questo è vero? se si, che tipo di pressioni avete avuto?

La Russia è uno stato molto importante, è la nazione più grande del pianeta e ci sono delle relazioni strategiche pregresse molto profonde con loro: l’armamento dell’esercito siriano è completamente russo, molte delle centrali energetiche sono costruite grazie al genio russo, e ci sono anche relazioni culturali con la Russia. Io non avrei mai voluto che la Russia uscisse dalla Siria come altri avrebbero voluto, io penso che la Siria già ora abbia una forte identità nazionale, una personalità autonoma, non sottostà a nessuna pressione esterna, noi guardiamo in via prioritaria al interesse del nostro popolo, e abbiamo relazioni con gli altri Stati in base a queste premesse.

Non siamo nella posizione di entrare nel merito del confronto che c’è tra la Russia e l’Occidente su ciò che succede in Ucraina. Noi eravamo imparziali anche quando eravamo bombardati dai russi e a maggior ragione oggi. Non vogliamo accettare nessuna provocazione anche se pensiamo che il popolo ucraino ha il  diritto di vivere in pace e libertà e condanniamo qualsiasi aggressione che può colpirlo e speriamo che questa guerra si concluda al più presto anche perché ha un impatto sul clima    internazionale e sulle popolazioni locali.

 

Ci sarà una nuova Amministrazione negli Stati Uniti, quella di Donald Trump. Ci sono contatti? Che messaggio vorrebbe mandare a loro?

Il contatto è avvenuto attraverso il Dipartimento di Stato, e abbiamo avuto la visita di  Barbara Leaf, a capo di una delegazione, appunto del Dipartimento di Stato attualmente in carica,

Abbiamo voluto fissare un punto, ovvero che le sanzioni e le restrizioni sulla Siria sono state imposte per frenare e protestare contro i crimini che il regime di Assad compiva sulla sua popolazione, la vittima, popolazione della quale noi siamo parte, ebbene ora quella vittima si è rialzata e si è liberata, e questo atto dovrebbe far saltare automaticamente tutte quelle sanzioni, che altrimenti non fanno altro che aumentare la sofferenza del popolo siriano.

Gli USA hanno sempre dichiarato di essere amici del popolo siriano, quindi non è logico che queste sanzioni che erano pensate contro il regime,  restino in vigore ora che è  quel popolo a soffrirne le conseguenze, e che quel regime è stato sconfitto. La speranza è che la nuova Amministrazione cambi direzione rispetto a quella attuale e che revochi le sanzioni contro la Siria  senza indugi, senza condizioni né trattative di nessun tipo vista la situazione.

 

Però gli americani hanno i loro interessi nella zona, e c’è il loro legame con i curdi per esempio con QSD [forze siriane democratiche] che sono protagonisti oggi di alcuni scontri con voi. Ci sono dichiarazioni che fanno pensare ad un miglioramento della situazione, ci sono novità in questo senso?

Noi abbiamo contattato tutte le parti degli scontri, e abbiamo chiarito che dobbiamo partire dal concetto che queste sono questioni siriane e vanno risolte a livello siriano. Ci sono in corso sforzi per trovare una soluzione adeguata per la situazione nel nord est della Siria, che si basi su alcune premesse: l’unità territoriale, per esempio, non possiamo prevedere nessun tipo di separazione territoriale anche fosse federale perché la popolazione siriana non ha una preparazione  che permetta una divisione territoriale su base etnica o religiosa, che non sia letta come una secessione, e questo va evitato.

Inoltre c’è la presenza di milizie armate nel nord del paese, che creano preoccupazione per Stati confinanti, e sappiamo di cosa fa il PKK per esempio e di come minaccia la sicurezza della Turchia dal nostro territorio e questo non possiamo accettarlo di sicuro.

I curdi sono una componente del nostro popolo, sono stati vittime di ingiustizia come lo siamo stati tutti in passato, è nostro dovere proteggerli e difenderli, ridare loro la possibilità di tornare alle loro case laddove sono stati sfollati, e questo è nostro dovere come Stato.

Per quanto riguarda le formazioni armate, ora la difesa dello Stato è in mano ad una istituzione statale che è il Ministero della Difesa e solo loro possono gestire armi all’interno della Siria, qualsiasi formazione deve adeguarsi a questo. Chiunque voglia far parte delle risorse del Ministero della difesa è benvenuto ovviamente secondo le consuetudini e le norme. Apriremo una ampia possibilità di dialogo con i fratelli di QSD in modo da trovare una soluzione che vada bene a tutti.

 

Cosa ne pensa se scendessero in strada a manifestare delle persone contro Ahmad Al Sharaa?

Devo dire che sono abituato a questo, la manifestazione della propria contestazione è un diritto sacrosanto, e succedeva a volte anche a Idlib, unica condizione è che avvenga in modo organizzato e senza danneggiamenti al patrimonio pubblico e privato, ed in quei casi ovviamente gli organi di polizia devono fare a loro volta il loro dovere per limitare questi danni.  Per il resto la manifestazione del dissenso è un diritto naturale che la Legge garantisce giustamente. Non esiste nessuno a a questo mondo che possa raccogliere un consenso universale senza contestazioni, ed anzi le obiezioni sono opportunità per crescere e gestire al meglio l’amministrazione pubblica.

 

Io andrò a vedere uno spettacolo di stand up commedy, qui a Damasco. Sarà possibile che lei vada a vederne uno, anche se dovesse prendere lei di mira?

Devo essere sincero ora come ora non ho il tempo nemmeno per dormire, forse se avessi tempo penserei a riposare un po’ prima di pensare al teatro, in questo momento.

 

Quindi la risposta è “No”?

No, la risposta non è “No” ma non sono ancora riuscito a pensarci finora. Appena ci penserò le risponderò.

 

Lei è nato a Ryad. Cosa ricorda della sua infanzia lì?

A dire il vero sono fiero di essere nato lì, e sento anche un certo affetto per quella terra, per il Regno della Arabia Saudita. Il periodo dell’infanzia passato lì non è stato molto lungo, sono tornato in Siria verso i sette anni, ma ricordo molte situazioni e molti luoghi, il quartiere etc, e sono poi tornato in seguito verso i 18 anni, e ricordo la bontà della gente e del loro comportamento.

 

Le manca tornare a Ryad?

Si, è così.

 

Grazie molte Sig. Ahmad  Al Sharaa, capo dell’Amministrazione Transitoria In Siria, Per questa ampia intervista piena di informazioni importanti, è per tutto il tempo che ci ha dedicato.

Benvenuti a Damasco.