Dal puritanesimo al sionismo: storia di una metamorfosi

Dalla rivista Eurasia 2/2024

«Per sapere dove esplorare dobbiamo prendere le distanze dall’evento e ripercorrere alcune parti del contesto storico di riferimento. Il terreno è vasto e il fango è profondo, quindi cercherò di

 procedere indicando dei punti di riferimento.»

 Theodor Herzl

 

Alla 7ª Conferenza sulla sicurezza internazionale di Mosca, il 4 aprile 2018, Sergej Lavrov, ministro degli Affari esteri della Federazione Russa, ha affermato: “Si ha la netta sensazione che gli Stati Uniti stiano cercando di mantenere in questo immenso spazio geopolitico [il Vicino Oriente] un caos controllato, con la speranza di poterlo utilizzare per giustificare la propria presenza militare nella regione per un tempo illimitato e per dettarvi la propria agenda”. Nihil novi sub sole, simili motivazioni indussero nel corso del XIX secolo la Gran Bretagna a creare le condizioni per la fondazione di uno “Stato-cliente di coloni ebrei in Palestina” in funzione della sua strategia di dominio e a difesa delle sue vie di comunicazione commerciali con le colonie. Scopo del presente studio, suddiviso in due parti, è di ricostruire le ragioni storiche e ideologiche che ispirarono la politica britannica in Palestina.

Il 1917, anno fatale, fu segnato da tre avvenimenti destinati a mutare profondamente gli assetti politici internazionali. Il 6 aprile vide l’intervento degli Stati Uniti nella Grande Guerra. Per quanto comunemente associato al disegno wilsoniano di costruzione di un ordine mondiale animato da presupposti universalisti e dalla fiducia nel diritto internazionale, l’intervento fu in realtà rivolto a evitare la perdita dei crediti di guerra erogati nel corso del conflitto[1]. L’intervento non solo mutò il corso del conflitto ma inaugurò il fatale “secolo americano”.

Il 27 febbraio a San Pietroburgo la bandiera rossa venne issata sul tetto del Palazzo d’Inverno e la sera stessa vennero eletti i primi delegati operai del soviet mentre la Duma annunciava la rottura con la dinastia Romanov. Nella notte tra il 24 e il 25 ottobre (del calendario giuliano), al grido di “tutto il potere ai soviet”, si concluse con successo il colpo di stato degli insorti bolscevichi guidati da Lev Trockij, i quali formarono il primo governo rivoluzionario presieduto da Lenin. La Rivoluzione d’ottobre inaugurò quindi il primo esperimento di socialismo egualitario con il passaggio del potere al Comitato militare rivoluzionario. La Rivoluzione si estese ben presto a gran parte dei territori dell’ex Impero russo.

Il 2 novembre, il ministro degli Esteri britannico lord Balfour inviò una lettera ufficiale al barone Lionel Walter Rothschild[2], rappresentante della comunità ebraica inglese e referente della Federazione sionista della Gran Bretagna e dell’Irlanda[3], con la quale il governo britannico si impegnava a sostenere la creazione in Palestina, all’epoca parte dell’Impero ottomano, di una “casa nazionale” per gli ebrei nel rispetto “dei diritti civili e religiosi delle esistenti comunità non ebraiche della Palestina”. La dichiarazione fu successivamente inserita all’interno del trattato di Sèvres, che segnava l’inizio della spartizione dei territori dell’Impero Ottomano. Arthur Koestler scrisse che nella lettera: “una nazione prometteva solennemente a una seconda nazione il paese di una terza”[4]. Quanto alle “esistenti comunità non ebraiche della Palestina”, le quli rappresentavano il 90% della popolazione, Balfour, in una lettera indirizzata a Lord Curzon, aveva affermato: “Il sionismo, giusto o sbagliato che sia, buono o cattivo, è radicato in tradizioni secolari, in bisogni attuali, in speranze future, di importanza ben più profonda dei desideri e dei pregiudizi dei 700.000 arabi che ora abitano quell’antica terra”[5].

L’11 dicembre il generale britannico Edmund Allenby entrava trionfalmente in Gerusalemme. Allenby, “riuscendo laddove Riccardo Cuor di Leone aveva fallito”, affermò che: “le guerre crociate sono ora terminate”.

Riportiamo integralmente la traduzione del testo della lettera, significativamente pubblicata sul Times, portavoce dell’influente circolo del Round Table, in data 9 novembre:

 

«Foreign Office

2 novembre 1917

«Egregio Lord Rothschild,

È mio piacere fornirle, in nome del governo di Sua Maestà, la seguente dichiarazione di simpatia per le aspirazioni dell’ebraismo sionista che è stata presentata, e approvata, dal governo.

“Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di una casa nazionale (national home) per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle esistenti comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni”.

Le sarò grato se vorrà portare questa dichiarazione a conoscenza della federazione sionista.

Con sinceri saluti

Arthur James Balfour»

 

Non si deve pensare, tuttavia, che quanto espresso nella Dichiarazione rappresentasse l’unanime opinione degli ebrei inglesi, molti dei quali non si riconoscevano nelle istanze del movimento sionista. Lord Edwin Samuel Montagu, Segretario di Stato per l’India dal 1917 al 1922 e cugino di Herbert Samuel[6], per esempio, riteneva che:

“Il sionismo, … , ‘era un credo politico fuorviante, insostenibile per qualsiasi cittadino patriottico del Regno Unito’. Un ebreo inglese che desiderava ‘scrollarsi il suolo britannico dalle scarpe e tornare a dedicarsi all’agricoltura in Palestina’ aveva ‘riconosciuto scopi incompatibili con la cittadinanza britannica’. Considerando l’ebraismo come una semplice religione, Montagu rifiutava l’idea di appartenere alla stessa nazionalità degli ebrei che vivevano in altri Paesi”[7].

Montagu scrive:

“Ho sempre pensato che coloro che hanno aderito a questo credo [il sionismo] siano stati in gran parte animati dalle restrizioni e dal rifiuto della libertà nei confronti degli ebrei in Russia. Ma proprio nel momento in cui questi ebrei sono stati riconosciuti come ebrei russi e sono state concesse loro tutte le libertà, sembra inconcepibile che il sionismo sia riconosciuto ufficialmente dal governo britannico e che il signor Balfour sia stato autorizzato a dire che la Palestina doveva essere ricostituita come ‘casa nazionale del popolo ebraico’. Non so cosa questo implichi, ma presumo che significhi che i maomettani e i cristiani debbano lasciare il posto agli ebrei e che gli ebrei debbano essere messi in tutte le posizioni di favore e debbano essere associati in modo particolare alla Palestina, nello stesso modo in cui l’Inghilterra lo è nei confronti degli inglesi o la Francia nei confronti dei francesi, che i turchi e gli altri maomettani in Palestina saranno considerati stranieri, proprio come gli ebrei saranno trattati in futuro come stranieri in tutti i Paesi tranne che in Palestina. Forse anche la cittadinanza dovrà essere concessa solo in seguito a un test religioso”[8].

In un’altra nota, Montagu affermava che il sionismo era osteggiato da tutti gli ebrei britannici “che rivestono un ruolo di rilievo nella vita pubblica, ad eccezione dell’attuale Lord [Walter] Rothschild, del signor Herbert Samuel e di pochi altri”[9].

In un saggio pubblicato presso la Indiana State University, Mohameden Oud-Mey definisce il sionismo come “un’idea di geografia politica fondata su una teoria di appropriazione razziale dello spazio e del tempo. Si basa su una rivendicazione di eredità esclusiva da parte degli ebrei sia sul territorio dell’ex Mandato britannico della Palestina sia sul patrimonio culturale e sul materiale genetico degli israeliti biblici”[10].

La base morale e ideologica per giustificare l’insediamento di massa in Palestina, quale Terra Promessa, si fonda sulla fede nell’idea di un “ritorno alla storia” (hashiva la-historia), espressione di una visione metafisica e sacra degli eventi. A un popolo diasporico, frammentato nei secoli e perennemente straniero tra le società dei gentili, era infine concesso di rientrare nell’antica “casa” nel Vicino Oriente. Se fino a quel momento, infatti, secondo le parole di David Ben-Gurion, gli ebrei erano stati “estromessi dalla storia del mondo”, ora, grazie alla provvidenziale mediazione degli inglesi e agli sforzi indefessi del movimento sionista, erano pronti per un drammatico ritorno.

A un’imparziale analisi storica degli eventi, tuttavia, non possono sfuggire i veri motivi di tale politica rivolta sostanzialmente alla difesa dei nodi strategici delle rotte commerciali britanniche e al controllo delle risorse petrolifere del mondo arabo a fronte della debolezza e quindi della frammentazione dell’Impero ottomano. Ha scritto Abdul Wahhab Al Kayyali: “L’importanza delle terre arabe come porta d’accesso all’Africa e ponte verso l’Asia fu resa evidente dalla campagna napoleonica (1797-1799) e dai pericoli rappresentati dal tentativo di Mohammed Ali di formare uno Stato indipendente comprendente l’Egitto e i Paesi arabi. Così, la necessità di soffocare ogni nascente Stato indipendente, doppiamente più minacciosa per l’imperialismo sulla scia della diffusione del sentimento nazionalista arabo, divenne sempre più insistente man mano che l’Impero Ottomano, […], andava sempre più alla deriva verso la disintegrazione. […] Tale questione ha spinto le maggiori figure imperialiste a proporre l’idea di creare uno Stato-cliente di coloni ebrei in Palestina, destinato principalmente a bloccare la realizzazione dell’unità e dell’indipendenza in quell’importante area del mondo e a servire gli interessi dei suoi sponsor. Gli eventi dell’ultima parte del secolo hanno favorito la creazione di un consenso di opinione tra i politici imperialisti e occidentali, con la collaborazione dei milionari ebrei occidentali e degli antisemiti, ovunque favorevoli al sionismo e all’emigrazione ebraica e alla creazione di uno Stato ebraico in Palestina”[11]. Si è detto che “l’acquisizione del Canale di Suez e di Cipro da parte di Disraeli negli anni tra il 1874 e il 1878 rese inevitabile la conquista fisica della Palestina. Fu il punto di non ritorno”[12]. La promozione del movimento sionista può essere quindi considerata come un’arma ideologica a vantaggio degli interessi geopolitici inglesi sullo scacchiere mondiale. A tale proposito si è potuto parlare di “politica britannica di sionizzazione degli ebrei e di ebraicizzazione del sionismo”[13].

Sir Halford J. Mackinder, in un’opera pubblicata all’indomani della conclusione della Grande Guerra, definisce l’importanza storica e politica di Gerusalemme e della Palestina in funzione della strategia di dominio britannica:

“In una mappa monacale, contemporanea alle Crociate, che è ancora appesa nella Cattedrale di Hereford, Gerusalemme è indicata come il centro geometrico, l’ombelico, del mondo, e sul pavimento della Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme vi mostreranno ancora oggi il punto preciso in cui si trova il centro. Se il nostro studio delle realtà geografiche, così come le conosciamo ora nella loro completezza, ci sta portando a conclusioni giuste, gli ecclesiastici medievali non si sbagliavano di molto. Se l’Isola-Mondo è inevitabilmente la sede principale dell’umanità su questo globo, se l’Arabia, come terra di passaggio dall’Europa alle Indie e dal Nord al Sud del mondo, è centrale nell’Isola-Mondo, allora la cittadella collinare di Gerusalemme ha una posizione strategica rispetto alle realtà mondiali che non differisce essenzialmente dalla sua posizione ideale nella prospettiva del Medioevo, o dalla sua posizione strategica tra l’antica Babilonia e l’Egitto.. Come ha dimostrato la guerra, il Canale di Suez porta il ricco traffico tra le Indie e l’Europa a breve distanza da un esercito stazionato in Palestina, e già si sta costruendo il tronco ferroviario attraverso la pianura costiera da Jaffa, che collegherà il Sud con il Nord del Paese. Chi possiede Damasco, inoltre, avrà accesso laterale alla via alternativa tra gli oceani lungo la valle dell’Eufrate. Non può essere del tutto una coincidenza che nella stessa regione ci sia il punto di partenza della storia e il punto di incrocio della più vitale delle vie di comunicazione moderne”[14].

In un capitolo successivo, il geografo britannico, amico e sodale di Lord Balfour, espone i vantaggi politici della creazione di una “casa nazionale” e mette in risalto sia i caratteri e la parabola storica del popolo ebraico che la sua diffusa ritrosia nei confronti del progetto sionista:

“La sede nazionale ebraica in Palestina sarà uno degli esiti più importanti della guerra. È un argomento su cui possiamo permetterci di dire la verità. L’ebreo, per molti secoli rinchiuso nel ghetto ed escluso dalle posizioni più onorevoli della società, si è sviluppato in modo squilibrato ed è diventato odioso per il cristiano medio a causa delle sue eccellenti, ma anche carenti, qualità. La penetrazione tedesca nei grandi centri commerciali del mondo è stata condotta in misura non trascurabile da agenzie ebraiche, così come il dominio tedesco nell’Europa sudorientale è stato ottenuto attraverso i magiari e i turchi, con l’assistenza degli ebrei. Gli ebrei sono i capi dei bolscevichi della Russia. L’ebreo senza fissa dimora e dotato di cervello si è prestato a questo lavoro internazionalista e la cristianità non ha il diritto di sorprendersi di questo fatto. Ma non c’è spazio per queste attività nella vostra Lega di nazioni indipendenti e amiche. Perciò una Casa Nazionale, al centro fisico e storico del mondo, dovrebbe far sì che l’ebreo ‘trovi spazio’ per se stesso. […] Questo, tuttavia, implicherà la franca accettazione della posizione di una nazionalità, che alcuni ebrei cercano di dimenticare”[15].

 Il ruolo fondamentale avuto dal movimento restaurazionista, dai cosiddetti “sionisti gentili” e in particolare dal pastore anglicano William Henry Hechler (1 ottobre 1845 – 30 gennaio 1931), cappellano presso l’ambasciata inglese a Vienna, dapprima a fianco di Leon Pinsker ad Odessa, quindi come “non solo il primo, ma il più costante e il più infaticabile dei seguaci di Herzl”[16], verrà quindi analizzato nel corso del presente studio.

Il sionismo gentile: da Cromwell a Palmerston.

Theodor Herzl non si era illuso quando aveva affermato: “Da qui il movimento sionista prenderà un volo sempre più alto… L’Inghilterra la grande, l’Inghilterra la libera, l’Inghilterra con gli occhi fissi sui sette mari, ci capirà”[17].  Ben prima della nascita del sionismo politico ebraico era, infatti, fiorito in Inghilterra un sionismo non ebraico di matrice millenaristica[18]. L’aspetto centrale dell’escatologia cristiana si fonda sull’idea del secondo Avvento di Cristo. il quale stabilirà il Regno di Dio in Terra, destinato a durare un millennio, secondo le profezie del Libro di Daniele e l’Apocalisse di Giovanni (20, 1-16).  Il noto storico del sionismo Nahum Sokolow ha affermato in proposito: “Per quasi tre secoli il sionismo è stato un’idea religiosa e politica che grandi cristiani ed ebrei, soprattutto in Inghilterra, hanno tramandato ai posteri”[19]. L’origine del sionismo “gentile” risale al Puritanesimo inglese[20], come spiega Regina Sharif: “Il puritanesimo implicava l’invasione dell’ebraismo trasmesso attraverso l’Antico Testamento, seppur distorto dallo sforzo di applicare all’Inghilterra post-rinascimentale l’etica, le leggi e le maniere del popolo ebraico dell’Antico Testamento, un popolo vissuto in Medio Oriente più di duemila anni prima. Matthew Arnold ha descritto il puritanesimo come ‘una rinascita dello spirito ebraico in reazione allo spirito ellenico che aveva animato il periodo immediatamente precedente del Rinascimento’. […] Il concetto di razza ebraica assunse così un ruolo particolare nel pensiero e nella comprensione inglese dell’ordine mondiale esistente. L’idea che la Palestina dovesse essere restituita ai suoi antenati ebrei ebbe origine qui. Fino ad allora la Palestina era stata ricordata come la Terra Santa cristiana, purtroppo perduta a vantaggio dell’Islam. Ma nell’Inghilterra del XVII secolo venne considerata come la patria degli ebrei, il cui ritorno in Palestina era, secondo le profezie dell’Antico Testamento, inevitabile per la realizzazione del secondo avvento di Cristo”[21].

La genesi dell’idea della restaurazione degli ebrei in Palestina nell’ambito della teologia protestante britannica. si fondava su tre presupposti: “la minaccia militare turco-cattolica alla cristianità protestante, le speculazioni millenaristiche puritane tra il 1640 e il 1660 e la responsabilità morale dell’Inghilterra nei confronti degli ebrei. Durante il XVI e XVII secolo, la paura della potenza militare turco-cattolica portò i teologi a credere che la conquista della Palestina da parte degli ebrei sarebbe stata necessariamente preceduta dalla vittoria sull’Islam e sul cattolicesimo. Di conseguenza, sostenevano questa Restaurazione come mezzo per raggiungere il loro fine politico. Inoltre, credevano che tale restaurazione avrebbe portato al compimento dell’aspettativa paolina del regno millenario; la restaurazione degli ebrei in Palestina avrebbe inaugurato l’età messianica dell’Inghilterra. Inoltre, concentrandosi su Romani 11, questi evangelisti inglesi sentivano di avere un debito verso gli ebrei che potevano ripagare solo convertendoli al cristianesimo e riportandoli in Palestina.  Questo divenne il fardello della responsabilità dell’inglese nei confronti degli ebrei, il cui rifiuto di Cristo nel primo secolo aveva permesso la salvezza generale dei gentili”[22].

L’idea della storia e della tradizione ebraica ingenerata dal puritanesimo, tuttavia, non si fondava su una diretta conoscenza di quel popolo, bandito a partire dall’anno 1290, bensì su una sorta di auto-percezione modellata sugli ideali teologici ed etici propri del protestantesimo inglese. Nel caso di Oliver Cromwell, oltre a motivazioni religiose, è lecito pensare anche a ragioni di interesse commerciale e ai vantaggi che ne avrebbe tratto la potenza marittima britannica, all’epoca indebolita dalle conseguenze della guerra civile e minacciata dall’espansione olandese. Le petizioni per una riammissione degli ebrei in Inghilterra mescolavano toni millenaristici a promesse commerciali, come ricorda Barbara Tuchman: “Nell’anno 1649, proprio al culmine e nel mezzo del dominio puritano in Inghilterra, due puritani inglesi di Amsterdam presentarono una petizione al governo ‘affinché questa nazione inglese, con gli abitanti dei Paesi Bassi, sia la prima e la più pronta a trasportare i figli e le figlie di Israele nei loro vascelli verso la Terra promessa e i loro antenati, Abramo, Isacco e Giacobbe, per un’eredità eterna’. La petizione chiedeva inoltre che gli ebrei ‘possano essere nuovamente accolti e autorizzati a commerciare e abitare tra voi in questa Terra’”[23].

Spiega Albert Montefiore Hyamson: “Queste tendenze culminarono nella riammissione formale degli ebrei in Inghilterra durante gli ultimi anni del Protettore [Oliver Cromwell]. Pochi anni dopo, le meravigliose gesta dello pseudo-messia ebreo Sabbathai Zevi suscitarono nuovamente l’interesse di alcuni mercanti inglesi che, speculando sulla possibilità che il Millennio non fosse alle porte, cominciarono a considerare se non fosse il caso di adottare il giudaismo e stabilirsi in Terra Santa, per essere pronti ad accogliere il Messia”[24].

La restaurazione e conversione degli ebrei avrebbe realizzato le profezie dell’Antico e del Nuovo Testamento e portato a compimento il ruolo messianico di Albione, la nuova Sion.

Per quanto riguarda la maggior parte degli ebrei europei, a partire all’incirca dal 1550 divennero predominanti le dottrine del rabbino cabalista Yitzhak Luria (1538–72), le quali sostenevano “l’unicità degli ebrei” e della loro missione salvifica[25].

Nei secoli successivi, con l’espansione marittima inglese, la questione della restaurazione ebraica in Palestina travalicò i confini del millenarismo e della “seconda venuta di Cristo”, fino a integrarsi nella strategia imperialista britannica.

In Inghilterra, l’impatto devastante della Rivoluzione francese aveva determinato un rifiuto del razionalismo politico e filosofico e un ritorno alla Bibbia dopo l’interludio “ellenistico” del XVIII secolo. “Lo scetticismo del XVIII secolo aveva lasciato il posto al pietismo vittoriano; il razionalismo del XVIII secolo si stava nuovamente arrendendo alla Rivelazione”[26]. Divenne allora predominante l’Evangelicalismo per poi diffondersi nel Nuovo Mondo, particolarmente in New England, sotto la denominazione di “Fondamentalismo”. L’Evangelicalismo si fondava su una interpretazione letterale della Bibbia come Parola di Dio e un forte afflato millenaristico ispirato alle profezie dell’Antico Testamento. Tale dogma prevedeva una conversione e restaurazione finale e completa del popolo ebraico in Palestina. Nell’ambito dell’Evangelicalismo venne fondata nel 1809 la London Society for Promotion of Christianity Amongst the Jews (oggi Church’s Ministry Among Jewish People) in risposta all’istituzione del Gran Sinedrio a Parigi nel 1807 da parte di  Napoleone. Il più autorevole sostenitore di tale dottrina fu Lord Shaftesbury (1801-1885), “il più evangelico degli evangelici”  e uno tra i principali promotori dell’emergente “sionismo cristiano”. Come nel caso di Cromwell, il restaurazionismo di Shaftesbury, per quanto ispirato alle profezie bibliche, non era estraneo agli interessi espansionistici dell’Inghilterra vittoriana. La conquista della Grande Siria nel 1831 da parte di Mehmet Ali[27] aveva mutato le condizioni in cui operava la politica di potenza europea nel Vicino Oriente. Come conseguenza di questo cambiamento, Shaftesbury riuscì a convincere il ministro degli Esteri Palmerston a inviare un console britannico, James Finn, a Gerusalemme nel 1838. Nel 1848, Shaftesbury divenne presidente della London Society for Promoting Christianity Amongst the Jews, di cui Finn era un membro di spicco. In un articolo pubblicato sulla Quarterly Review (dicembre 1838) Lord Lindsay scrisse:

“Il crescente interesse manifestato per queste regioni, i maggiori investimenti di capitali britannici e la confluenza di viaggiatori britannici e stranieri provenienti da ogni parte del mondo, hanno recentemente indotto il Segretario di Stato per gli Affari Esteri a dislocarvi un rappresentante del nostro Sovrano, nella persona di un Vice-Console. Questo signore è salpato per Alessandria alla fine dello scorso settembre; la sua residenza sarà fissata a Gerusalemme, ma la sua giurisdizione si estenderà a tutto il paese entro gli antichi limiti della Terra Santa. Il suolo e il clima della Palestina sono singolarmente adatti alla crescita dei prodotti necessari alle esigenze della Gran Bretagna; il cotone più pregiato può essere ottenuto in abbondanza quasi illimitata; la seta e la robbia sono la base del paese e l’olio d’oliva è ora, come lo è sempre stato, la vera ricchezza della terra. Sono necessari solo capitale e abilità: la presenza di un ufficiale britannico, e la maggiore sicurezza della proprietà che la sua presenza conferirà, potrebbe invitare gli abitanti di queste isole a coltivare la Palestina; e gli ebrei, che non si dedicheranno all’agricoltura in nessun’altra terra, avendo trovato nel console inglese un mediatore tra il loro popolo e il Pacha, probabilmente torneranno ancora più numerosi e torneranno a essere i coltivatori della Giudea e della Galilea. Napoleone conosceva bene il valore di un’alleanza con gli ebrei e cercò di riprodurre nella capitale della Francia lo spettacolo dell’antico Sinedrio che, crogiolandosi nel favore imperiale, avrebbe potuto dare leggi all’intero corpo degli ebrei in tutto il mondo abitabile e aiutarlo, senza dubbio, nei suoi audaci piani contro la Polonia e l’Oriente. Quello che Napoleone ha progettato nella sua violenza e ambizione, pensando di ‘distruggere non poche nazioni’, possiamo saggiamente e legittimamente intraprendere per il mantenimento del nostro Impero”[28].

Nur Masalha commenta: “Con il sostegno del segretario agli Esteri Lord Palmerston, Shaftesbury iniziò a promuovere il restaurazionismo ebraico nell’Inghilterra vittoriana negli anni Trenta del XIX secolo. […] Le attività pubbliche di Shaftesbury, James Finn e dei loro seguaci ‘restaurazionisti’ inglesi – che hanno preceduto di quasi mezzo secolo la fondazione del movimento politico sionista europeo da parte di Theodor Herzl –  dimostrano chiaramente che il ‘sionismo’ è nato come movimento protestante cristiano e non ebraico”[29].

Nel 1841, in reazione all’Affare di Damasco[30], una missione d’inchiesta inviata dalla Chiesa di Scozia in Palestina pubblicò un “Memorandum ai monarchi protestanti d’Europa per la restaurazione degli ebrei in Palestina”. Il testo, pubblicato integralmente dal Times, era accompagnato da un articolo nel quale si affermava che il Memorandum “dettato dalla particolare congiuntura degli affari in Oriente e da altri segni eclatanti dei tempi, ritorna al patto originale che assicura quella terra ai discendenti di Abramo, e sollecita la considerazione delle Potenze interpellate su quale possa essere la probabile linea di condotta da parte della cristianità protestante nei confronti del popolo ebraico nell’attuale controversia in Oriente”[31]. Il documento si concludeva, infatti, con un appello: “Come lo spirito di Ciro, re di Persia, fu suscitato per costruire il Tempio del Signore, che era a Gerusalemme (II Cron. xxxvi. 22, 23), chi c’è tra voi, alti e potenti di tutte le nazioni, per adempiere al beneplacito della santa volontà del Signore del cielo, che disse a Gerusalemme: ‘Sarai edificata’, e al tempio: ‘Saranno poste le tue fondamenta?’”.

Nel 1841 la London Society for Promoting Christianity among the Jews ottenne la nomina di un ebreo battezzato, Michael Solomon Alexander, a vescovo anglicano a Gerusalemme[32].

È necessario rilevare che, prima del suo intervento presso Lord Palmerston per sollecitare la diplomazia inglese in soccorso della comunità ebraica di Damasco, nel 1838 Sir Moses Hayyim Montefiore, dopo aver incontrato in Palestina i rappresentanti della missione d’inchiesta della Chiesa di Scozia, aveva presentato un piano di insediamento degli ebrei in Terrasanta presso il Chedivè d’Egitto Mehmet Ali e il Sultano, con l’approvazione di Avraham Finzi, l’agente consolare britannico a San Giovanni d’Acri.

Mai come allora fu vero che: “dietro la protezione del commercio e delle minoranze religiose si celano i principali interessi politici e strategici delle potenze”[33]. La protezione del popolo ebraico implicava considerazioni coloniali: mentre i francesi erano stati riconosciuti dalla Grande Porta come protettori della Chiesa cattolica romana e i russi della Chiesa greca in Palestina, gli inglesi non potevano avanzare diritti simili nei confronti di protestanti autoctoni, che non esistevano nella regione. La difesa degli ebrei avrebbe consentito loro di riempire tale vuoto e di porre le basi per la futura spartizione dell’Impero ottomano, “il malato d’Europa”, secondo la famosa definizione attribuita allo Zar Nicola I. Il 4 settembre 1840 Palmerston inviò una lettera al suo ambasciatore  a Costantinopoli, Lord Ponsonby, invitandolo a: “… non perdere di vista la mia raccomandazione alla Porta di invitare gli ebrei a fare ritorno in Palestina. Non potete immaginare quanto una tale misura tenderebbe a sensibilizzare alla causa del Sultano tutti gli esponenti del partito religioso di questo Paese, la cui influenza è grande e le cui connessioni sono estese. Inoltre, tale decisione sarebbe di per sé molto vantaggiosa per il Sultano, in quanto porterebbe nel suo dominio un gran numero di ricchi capitalisti che darebbero lavoro alla popolazione e arricchirebbero l’Impero”[34].

Come ricorda Montefiore Hyamson: “Una delle conseguenze immediate dell’affare di Damasco fu l’emanazione da parte di Palmerston di disposizioni a tutti i rappresentanti britannici nel Levante e in Siria, ponendo gli ebrei sotto la loro speciale protezione e informandoli che, per quanto riguardava i sudditi non britannici, il governo turco desiderava che fosse portato alla sua attenzione qualsiasi caso di oppressione; aveva inoltre promesso all’ambasciatore britannico che ‘si sarebbe occupato di qualsiasi segnalazione che gli fosse giunta dall’ambasciata, in relazione a qualsiasi atto di oppressione praticato contro gli ebrei.’ […] Lord Aberdeen, a nome del governo britannico, diede istruzioni specifiche ai consoli britannici affinché si impegnassero a proteggere gli ebrei stranieri, i cui consoli si rifiutavano di agire per loro”[35]. L’assoluta protezione accordata, indipendentemente dalla cittadinanza, conferiva in tal modo al governo inglese una sorta di autorità extraterritoriale.

Nel 1844, il Rev. Samuel Alexander Bradshaw pubblicò un pamphlet intitolato A Tract for the Times, being a Plea for the Jews (“Un testo per i tempi, un appello per gli ebrei”), nel quale considerava un dovere dei popoli cristiani di restaurare gli ebrei in Palestina. A tale scopo, sosteneva che il Parlamento britannico dovesse concedere quattro milioni di sterline e che un altro milione fosse raccolto dalle varie Chiese. La sua proposta conteneva un piano che prevedeva dapprima la creazione di un protettorato britannico in Palestina, a cui, una volta acquisito il necessario vigore, sarebbe seguita un’eventuale emancipazione nazionale. A sostegno della sua proposta, il reverendo Bradshaw avanzava considerazioni di natura geopolitica: “Questo piano comporterebbe vantaggi politici di incalcolabile importanza per la Gran Bretagna, in quanto tenderebbe a ristabilire l’equilibrio del suo potere nel Levante e le darebbe il comando di una comunicazione libera e ininterrotta con i suoi possedimenti orientali. […] Il ristabilimento della nazione ebraica in Palestina, sotto la protezione britannica, risolleverebbe i nostri affari nel Levante e ci porrebbe in una posizione di comando da cui contenere i progressi di eventuali espansioni, sopraffare i nemici aperti e, se necessario, respingere la loro avanzata; allo stesso tempo, porrebbe la gestione delle nostre comunicazioni a vapore interamente nelle nostre mani”[36].

È interessante notare come negli stessi anni (1851) l’italiano Benedetto Musolino “un illustre figlio della forte Calabria, cristiano, patriotta, garibaldino, deputato e poi senatore del Regno d’Italia vagheggiò l’idea di ricostituire in Terra Santa uno Stato politico d’Israeliti e a tale scopo studiò, spese, viaggiò e lasciò un prezioso monumento delle sue generose aspirazioni in un’opera tuttora inedita, intitolata Gerusalemme e il popolo Ebreo[37]. Musolino venne ricevuto a Londra da Lord Palmerston il quale lo introdusse presso Lord Rothschild. Lo scopo della sua missione era di impedire “un terribile cozzo fra la Russia e l’Inghilterra che originato dalle rivalità di esse nell’India e a Costantinopoli sarebbe stato un motivo di sosta e forse di regresso per l’incivilimento della famiglia umana”. Come nota David Meghnagi: “Le idee di Musolino non si erano sviluppate nel vuoto. Erano parte di un disegno geopolitico che aveva come riferimento la potenza imperiale britannica e la sua civiltà politica e culturale, come punto di riferimento idealizzato. E come premessa una sopravvalutazione del ruolo che lo sviluppo di una ferrovia che collegasse il Vicino Oriente alle Indie, avrebbe avuto nella conservazione della supremazia britannica. […] Potenza marittima, l’Inghilterra rischiava con lo sviluppo delle ferrovie, di vedere indebolita la sua egemonia politica ed economica. Sopravvalutando il pericolo, Musolino voleva giocare d’anticipo con una strategia generale e differenziata a tutela dei suoi possedimenti nell’estremo oriente. Il progetto aveva come sfondo l’idea di un’alleanza con l’Impero ottomano in opposizione all’Impero zarista”[38].

Tra i più influenti restaurazionisti britannici, si deve ricordare il Col. George Gawler (1795 – 1869), ex governatore dell’Australia Meridionale. Gawler, forte  della  sua solida esperienza coloniale di insediamento di detenuti britannici in Australia[39], promosse una campagna di graduale colonizzazione della Palestina come preludio all’istituzione di uno stato nazionale ebraico autonomo sotto tutela britannica. Fu un intimo amico di Moses Montefiore, con il quale, nel 1849, compì un viaggio d’istruzione in Palestina. Espose le sue teorie in tre scritti: The Tranquillization of Syria and the East. Observations and Practical Suggestions in furtherance of the Establishment of Jewish Colonies in Palestine, the most sober and sensible remedy for the miseries of Asiatic Turkey. (1845); The Emancipation of the Jews (1847), anticipando di trentacinque anni Selbstemanzipation di Leon Pinsker; Syria and its Near Prospects (1853), nel quale l’autore sostiene che gli insediamenti ebraici avrebbero salvaguardato le linee di comunicazione dell’Inghilterra, in quanto “L’Egitto e la Siria sono in stretta relazione. Una potenza straniera ostile, potente in una delle due, metterebbe presto in pericolo il commercio britannico”[40]. All’indomani della Guerra di Crimea, Gawler fondò The Palestine Society “la quale si sviluppò nel Palestine Colonisation Fund, le cui attività videro lavorare fianco a fianco ebrei e cristiani”[41].

 

I primi coloni in Palestina

 

“The Hebrew seers announce in time

The return of Judah to her prime;

Some Christians deemed it then at hand

Here was an object: Up and Do.

With seed and tillage help renew

Help reinstate the Holy Land”.

Herman Melville[42]

 

Fu a partire dalla seconda metà del XIX secolo che ebbe inizio il primo movimento di insediamento agricolo in Palestina da parte di coloni cristiani, europei e americani. Ruth Kark, docente presso il Dipartimento di Geografia della Hebrew University of Jerusalem, ha scritto: “I pionieri del moderno insediamento agricolo in Terra Santa erano cristiani. I più importanti furono diversi americani che vennero a stabilirsi negli anni ’50 e ’60 del XIX secolo, nonostante gli avvertimenti degli esperti locali e lo scoraggiamento da parte dei funzionari del governo degli Stati Uniti. In questo contesto, vorrei fare una breve panoramica sulla diffusione del millenarismo e del concetto di ritorno a Sion nel mondo protestante all’inizio e alla metà del XIX secolo”[43]. Tale movimento “gentile” venne in seguito percepito come un fenomeno foriero di sviluppi all’epoca forse imprevedibili, nel quale nuovi attori politici fecero la loro apparizione sulla scena internazionale, come nel caso del quacchero Warden Cresson (1798-1860), primo console statunitense a Gerusalemme, di cui Herman Melville, che lo aveva incontrato in Palestina nel 1857, scrisse nel suo Journal of a Visit to Europe and the Levant: “Warder Crisson [sic] di Filadelfia – un americano diventato ebreo – divorziato dalla precedente moglie – sposato con un’ebrea – triste”[44]. La chiara importanza del movimento trova conferma nelle parole di Montefiore Hyamson, il quale, nel 1918, scrisse: “Nel frattempo, in Palestina si stava avviando un nuovo movimento, ebraico e gentile, parzialmente sotto l’egida inglese, un movimento che, dopo molte delusioni e battute d’arresto, alla fine avrebbe dato luogo alla colonizzazione della Palestina e alla rigenerazione della terra sotto l’egida ebraica. Nel 1844, Warder Cresson era stato nominato console degli Stati Uniti a Gerusalemme. Il suo principale obiettivo nel richiedere la nomina era il suo interesse nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo, un interesse che si protrasse in modo così forte che quattro anni dopo si convertì, adottando il nome di Michael Boaz Israel. […] Per lui la soluzione del problema risiedeva nella creazione di colonie agricole, e per portare avanti questa politica dedicò i propri mezzi e altre somme messe a disposizione da amici e benefattori”[45].

All’epoca di Palmerston, i sionisti cristiani dovevano spesso confrontarsi con il fatto che tra gli ebrei europei l’idea di un ritorno in Palestina non era affatto popolare, come testimoniato da una lettera inviata dal console britannico nella Siria ottomana, Charles Henry Churchill, nipote del Duca di Marlborough e antenato di Winston, a Sir Moses Montefiore: “Non posso nascondervi il mio più vivo desiderio di vedere i vostri connazionali sforzarsi di riprendere la loro esistenza come popolo. Ritengo che l’obiettivo sia perfettamente raggiungibile. Ma due cose sono indispensabili: In primo luogo, che gli stessi ebrei prendano in mano la questione, universalmente e unanimemente. In secondo luogo, che le potenze europee li aiutino nel loro intento”[46].

Riferimenti

[1] “Il ruolo di Morgan e della comunità finanziaria di New York fu di estrema importanza per gli sforzi bellici delle potenze dell’Intesa. In base a un accordo esclusivo, l’acquisto di tutte le munizioni americane e di tutto il materiale bellico, nonché dei cereali e dei rifornimenti alimentari necessari per la Gran Bretagna, la Francia e le altre potenze alleate in Europa, passava attraverso la casa di Morgan. Morgan utilizzò anche la sua affiliata di Londra, Morgan Grenfell & Co. il cui socio più anziano, E.C. Grenfell, era un direttore della Banca d’Inghilterra e un amico intimo del Cancelliere dello Scacchiere Lloyd George. L’ufficio parigino di Morgan, Morgan Harjes & Co. completava il cerchio essenziale dell’Intesa. Un tale potere nelle mani di un’unica casa d’investimento, data l’entità delle esigenze belliche britanniche, era senza precedenti”. William Engdahl, A Century of War, 1992, pag. 52.

[2] Lionel Walter Rothschild (8 febbraio 1868 – 27 agosto 1937), nacque a Londra come figlio primogenito ed erede di Emma Louise von Rothschild e Nathan Rothschild, 1° Barone Rothschild, un finanziere immensamente ricco dell’omonima a dinastia finanziaria internazionale e il primo ebreo pari in Inghilterra. All’età di 21 anni, nonostante una travolgente passione per la zoologia, si rassegnò a lavorare presso la banca di famiglia, la N M Rothschild & Sons di Londra dove rimase fino al 1908. Fu deputato del Partito Liberale Unionista per Aylesbury dal 1899 fino al suo ritiro dalla politica alle elezioni generali del gennaio 1910. Fu un attivo promotore del movimento sionista e un intimo amico di Chaim Weizmann.

[3] La Zionist Federation of Great Britain and Ireland è stata fondata nel 1899 per promuovere una patria permanente per il popolo ebraico.

[4] Arthur Koestler, Promise and Fulfilment, London 1949, pag. 4.

[5] Citato in Karl Sabbagh, Israel, Palestine and what a Curzon declaration might have looked like, in The Guardian, https://www.theguardian.com/world/2017/oct/13/israel-palestine-and-what-a-curzon-declaration-might-have-looked-like

[6] Herbert Louis Samuel, 1° Visconte Samuel, (6 novembre 1870 – 5 febbraio 1963) è stato un politico britannico, leader del Partito Liberale dal 1931 al 1935. Fu il primo ebreo praticante a ricoprire la carica di ministro del Gabinetto e a diventare leader di un importante partito politico britannico. Samuel aveva promosso il sionismo all’interno del Gabinetto britannico, a partire dal suo memorandum del 1915 intitolato The Future of Palestine. Nel memorandum suggeriva alla Gran Bretagna di conquistare la Palestina per proteggere il Canale di Suez dalle potenze straniere e per far sì che la Palestina diventasse la patria del popolo ebraico Nel 1920 fu nominato primo Alto Commissario per la Palestina, responsabile dell’amministrazione del territorio.

[7] David Cronin, Balfour’s Shadow A Century of British Support for Zionism and Israel since 1917, 2017, pagg. 12-13.

[8] Ibid. pag. 13.

[9] Ibid.

[10] Mohameden Oud-Mey, The Non-Semitic Origins of Contemporary Jews, data non specificata, https://www.indstate.edu/cas/sites/arts.indstate.edu/files/Faculty/melyassini/NSOCJ_1_0.PDF.

[11] Abdul Wahhab Al Kayyali, The Historical Roots of the Imperialist-Zionist Alliance, (International Symposium on Zionism and Racism, Baghdad novembre 1976), https://sawtoroba.com/Eng/?p=3068.

[12] Barbara Tuchman, Bible and Sword: England and Palestine from the Bronze Age to Balfour. New York: New York University Press, 1956, pag. 16 dell’edizione digitale.

[13] Mohameden Oud-Mey, Geopolitical Genesis of Herzlian Zionism, Indiana State University, https://www.indstate.edu/cas/sites/arts.indstate.edu/files/Faculty/melyassini/Geopolitical%20Genesis%20of%20Herzlian%20Zionism.PDF.

[14] Halford Mackinder, Democratic Ideals and Reality, New York, 1919, pagg. 110-111.

[15] Ibid., pagg. 216-7.

[16] Paul Merkley, The Politics of Christian Zionism 1891-1948, Routledge, 1998.

[17] Alex Bein, Theodor Herzl, Philadelphia, 1954, pag. 346

[18] “Il millenarismo è la cosmologia dell’escatologia, una cronologia degli eventi futuri messa a confronto con una documentazione storica del passato. Nella tradizione cristiana, tutte le teologie millenaristiche prevedono il trionfo di Cristo, la rivendicazione dei santi sofferenti e il regno finale di Cristo sulla terra”. E. R. Sandeen, Millenialism, pagg. 104-05 in E. S. Gaustad (Ed.), The rise of Adventism (New York 1974)

[19] Nahum Sokolow, History of Zionism, 1600-1918, 2 vols. (London, 1919), 1: xxvi-vii.

[20] In una curiosa apologia della “religione dell’Americanismo”, David Galernter ha scritto: “La Bibbia in inglese ha posto le basi del puritanesimo – e della moderna Gran Bretagna, dell’America e dello Stato liberaldemocratico. E la Bibbia ha posto una scelta profonda sulla natura della guerra, che continua a occupare l’America e il mondo intero. Inizierò quindi con la Bibbia inglese.  La religione americana ha due componenti fondamentali, un Credo e la dottrina che chiamo Sionismo americano. Il puritanesimo ha posto le basi dell’americanismo sviluppando il sionismo americano e altri ingredienti essenziali della religione americana.  La generazione rivoluzionaria (fortemente influenzata dalla Bibbia, dal puritanesimo e dal sionismo americano) ha sviluppato il Credo americano, completando così la religione americana in linea di principio”. David Galernter, Americanism – The fourth great western religion, New York, 2007, pagg. 20-21.

[21] Regina Sharif, Christians for Zion 1600 -1919, Journal of Palestine Studies, Vol. 5, No. 3/4 (Spring – Summer, 1976), pagg. 124-5.

[22] N. I. Matar, The Idea of the Restoration of the Jews in English Protestant Thought, 1661-1701, The Harvard Theological Review, Vol. 78, No. 1/2 (Jan. – Apr., 1985), pag. 115.

[23] Tuchman, op. cit., pag. 152.

[24] Albert Montefiore Hyamson, British Projects for the Restoration of the Jews, 1917, pag. 2.

[25] Scrivono Israel Shahak e Norton Mezvinsky: “Yesaiah Tishbi, un’autorità della Cabbala che scriveva in ebraico,

ha spiegato nella sua opera accademica, La teoria del male e la sfera (satanica) nella Cabbala lurianica (1942, ristampata nel 1982): ‘È evidente che queste prospettive e lo schema [di salvezza] sono destinati solo agli ebrei’. Tishbi ha citato Rabbi Hayim Vital, il principale interprete di Rabbi Luria, che ha scritto nel suo libro Le porte della santità: ‘Il Potere Emanante, che sia benedetto il suo nome, ha voluto che ci fossero alcune persone su questa bassa terra che incarnassero le quattro emanazioni divine. Questo popolo è costituito dagli ebrei, scelti per unire i quattro mondi divini qui sotto’. Tishbi ha inoltre citato gli scritti di Vital per sottolineare la dottrina lurianica secondo cui i non ebrei hanno anime sataniche: ‘Le anime dei non ebrei provengono interamente dalla parte femminile della sfera satanica. Per questo motivo le anime dei non ebrei sono chiamate malvagie, non buone, e sono create senza la conoscenza [divina]’”. Israel Shahak, Norton Mezvinsky, Jewish Fundamentalism in Israel, Londra 2004, pag. 58.

[26] Tuchman, op. cit., pag. 217.

[27] “Quando Mohammed Ali (Al-Kabir) d’Egitto intraprese il suo ambizioso piano di modernizzazione dell’Egitto e di costruzione di un forte Stato indipendente comprendente l’Egitto, la Grande Siria e la Penisola araba nei primi decenni del XIX secolo, il governo britannico adottò una linea di intervento militare diretto e fu determinante nel respingere le armate di Ibrahim Pascià (figlio di Mohammed Ali) in Egitto. L’avanzata di Mohammed Ali in Siria diede inizio alla Questione siriana (questione che ancora oggi è sinonimo di schemi e tentativi occidentali di impedire l’unità araba). Vennero formulate nuove politiche britanniche. Una delle chiavi del nuovo approccio era la Palestina, in cui gli ebrei rivestivano un ruolo di rilievo”. Abdul Wahhab Al Kayyali, op. cit.

[28] Crawford, Alexander Lindsay (Lord Lindsay). Letters on Egypt, Edom, and the Holy Land. The Quarterly Review 125 (Dec.):166-92

[29] Masalha, Nur, The Zionist Bible: Biblical Precedent, Colonialism and the Erasure of Memory, Routledge, 2014, pag. 83.

[30] L’Affare di Damasco riguardava il presunto omicidio rituale del padre cappuccino sardo Tommaso da Calangianus e del suo assistente Ibrahim Amarath il 5 febbraio 1840, in occasione della Pasqua ebraica. Questo evento ebbe ampia risonanza internazionale e vide il diretto intervento di Sir Moses Hayyim Montefiore e di Lionel Rothschild presso Lord Palmerston al fine di sollecitare la diplomazia inglese presso il Chedivè d’Egitto Mehmet Alì Pascià e  del Sultano di Istanbul “promuovendo al tempo stesso un dibattito parlamentare e un interessamento della Francia. Temendo il protrarsi delle trattative, Montefiore e alcuni membri della comunità ebraica parigina si recarono ad Alessandria prima, e a Costantinopoli poi, e ottennero la liberazione dei prigionieri di Damasco”.  (https://www.treccani.it/enciclopedia/moses-haim-montefiore_(Dizionario-Biografico)/

[31] Montefiore Hyamson, op. cit., pag. 5.

[32] Ibid., pag. 3.

[33] Albert Hourani, Ottoman Reform and the Politics of Notables, in Beginning of Modernisation in the Middle East: The Nineteenth Century, ed. William Polk and Richard Chambers, Chicago, 1968, pagg. 41-68

[34] Charles Webster, The Foreign Policy of Palmerston, Londra, 1951, pag. 762.

[35] Montefiore Hyamson, op. cit., pag. 11.

[36] Ibid., pagg. 14-15.

[37] “Il Mari […] un bel giorno mi annunziò la visita di lui e mi pregò di ascoltare certe sue proposte concernenti gli israeliti e la Palestina. Acconsentii e ricevetti nel mio studiolo l’On. le […] Musolino, il quale dopo aver deposto sul mio scrittoio un grosso volume legato in pelle nera, mi disse, che quel libro era un manoscritto in cui egli aveva esposto un suo progetto a favore degli israeliti e cominciò a narrarmi che egli ormai da lungo tempo aveva un pensiero di promuovere il ritorno degli ebrei nella loro antica sede nazionale, acciocché con la loro sveglia intelligenza recassero in Asia una corrente vivificatrice di coltura europea e aprendo a quei popoli la via della civiltà

prevenissero e impedissero un terribile cozzo fra la Russia e l’Inghilterra che originato dalle rivalità di esse nell’India e a Costantinopoli sarebbe stato un motivo di sosta e forse di regresso per l’incivilimento della famiglia umana. […] per tre volte egli era stato in Palestina e un quarto viaggio avrebbe anche volentieri impreso se non l’avessero scoraggiato da ulteriori spese gli inutili sforzi fatti per trovare promotori aiutatori al suo disegno. Mi disse, che a tale uopo si era presentato a Londra a Lord Palmerston, il quale lo aveva consigliato di interpellare il banchiere Rothschild, che aveva parlato con un Rabbino, non ricordo se in Inghilterra o in Francia: ma nessuno gli aveva dato ascolto. Mi parlò con entusiasmo della fertilità della Galilea, dove egli diceva, il grano cresce spontaneo, rigoglioso ancorché nessuno abbia arato e seminato; pose in rilievo la facilità con cui in Palestina gli ebrei avrebbero potuto meglio che altrove rispettare le feste, le loro tradizionali osservanze religiose e concluse, domandando se credevo che vi fosse da fare qualche cosa in Italia per recare atto al suo divisamento”. M. Finzi, Un precursore del sionismo, 1905. In: www.benedettomusolino.it/ebraica/finzi_ita.pdf.

[38] David Meghnagi, Gerusalemme ed il popolo ebreo di Benedetto Musolino, Trauma and Memory, 2021, Volume 9, no. 3, pag. 86.

[39] “Mi è capitato, per divina provvidenza, di essere il locale fondatore della più bella colonia, in termini di durata, che sia mai apparsa al mondo; e posso quindi sobriamente aspirare ad essere, inoltre, promotore della fondazione della più importante colonia di cui il mondo sarà forse mai testimone: la prima colonia ebraica in Palestina”. In Montefiore Hyamson, op. cit., pag. 15

[40] Israel Cohen, The Zionist Movement, New York, 1946, pag. 52.

[41] Montefiore Hyamson, op. cit., pag. 17.

[42] “I veggenti ebrei annunciano per tempo/Il ritorno di Giuda al suo splendore;/Alcuni cristiani lo ritenevano ormai vicino /Qui c’era un oggetto: Alzati e agisci. /Con il seme e la terra aiutate a rinnovare/Aiutate a ripristinare la Terra Santa”. Herman Melville, Clarel, A Poem and Pilgrimage in the Holy Land, 1876.

[43] Ruth Kark, Millenarism and agricultural settlement in the Holy Land in the nineteenth century, Journal of Historical Geography, 9, 1, 1983, pag. 48.

[44] Stuart Schoffman (2004). Insane on the Subject of Judaism: Pursuing the Ghost of Warder Cresson. The Jewish Quarterly Review. 94 (2): pagg. 318–360. La critica ritiene inoltre che Cresson abbia costituito il modello per il personaggio centrale Nathan nel poema epico Clarel di Melville.

[45] Montefiore Hyamson, op. cit., pag. 19.

[46] Regina Sharif, op. cit., pag. 132.