Gaza continua a piangere i suoi martiri, e ancora una volta il dolore colpisce il mondo del giornalismo. Hossam Shabat, giovane reporter di 23 anni che lavorava per Al Jazeera, è stato brutalmente assassinato in un attacco mirato da parte delle forze di occupazione israeliane.
Secondo quanto riportato dai testimoni, l’auto di Shabat è stata colpita senza alcun preavviso nella zona orientale di Beit Lahiya, nel nord di Gaza. Solo pochi mesi fa, il giovane giornalista era già stato ferito in un altro attacco israeliano, ma nonostante tutto aveva scelto di continuare il suo lavoro di cronaca, determinato a documentare l’orrore quotidiano vissuto dalla sua gente.
Le ultime parole di Hossam Shabat, condivise attraverso un post pre-scritto sui social, riecheggiano un grido di giustizia:
“Se state leggendo questo, significa che sono stato ucciso – molto probabilmente preso di mira – dalle forze di occupazione israeliane. Ho dedicato ogni momento degli ultimi 18 mesi alla mia gente, documentando minuto per minuto gli orrori nel nord di Gaza. Ho dormito su marciapiedi, in scuole, in tende, ovunque potessi, lottando per la sopravvivenza. Ho sopportato la fame per mesi, ma non ho mai abbandonato il mio popolo. Vi prego: non smettete di parlare di Gaza. Non permettete che il mondo distolga lo sguardo. Continuate a lottare, continuate a raccontare le nostre storie – fino a quando la Palestina sarà libera.”
In un attacco separato nella città di Khan Younis, nel sud di Gaza, un altro giornalista, Mohammad Mansour, che lavorava per Palestine Today, è stato ucciso insieme alla moglie e al figlio. Anche in questo caso, l’attacco è avvenuto senza alcun avvertimento.
Targeting dei giornalisti: un crimine di guerra
Le organizzazioni per la tutela della libertà di stampa hanno subito condannato l’omicidio di Shabat e Mansour, chiedendo un’indagine indipendente sull’accaduto. La direttrice del Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ), Jodie Ginsberg, ha dichiarato:
“L’uccisione deliberata e mirata di un giornalista è un crimine di guerra. I giornalisti e i civili non devono mai essere presi di mira.”
Il Governo della Striscia di Gaza ha definito l’uccisione di giornalisti come una chiara violazione dei diritti umani e un crimine contro la libertà d’informazione. In una dichiarazione ufficiale, il Governo ha ritenuto Israele e i suoi alleati – in particolare Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia – pienamente responsabili di questo crimine atroce.
Il prezzo della verità
Dall’inizio del conflitto nell’ottobre 2023, almeno 208 giornalisti sono stati uccisi negli attacchi israeliani su Gaza. Numeri che testimoniano non solo la brutalità dell’occupazione, ma anche il tentativo sistematico di soffocare la verità e impedire che il mondo conosca l’orrore vissuto quotidianamente dai palestinesi.
Oggi il sacrificio di Hossam Shabat si aggiunge alla lunga lista di coloro che hanno dato la vita per raccontare la sofferenza del popolo palestinese. Ma la sua voce, così come quella di tutti i martiri della verità, continuerà a riecheggiare tra le macerie di Gaza, come monito e testimonianza di una lotta per la libertà e la dignità.
This is Hossam’s team, and we are sharing his final message :
“If you’re reading this, it means I have been killed—most likely targeted—by the Israeli occupation forces. When this all began, I was only 21 years old—a college student with dreams like anyone else. For past 18… pic.twitter.com/80aNO6wtfO
— حسام شبات (@HossamShabat) March 24, 2025