Una delibera approvata a maggioranza dal consiglio comunale di Dresda ha dichiarato lo “Stato d’emergenza nazismo”, a seguito delle ripetute violenze di cui è vittima la Germania ormai in forma sempre in più intensa.
Non è un caso che sia la città di Dresda a lanciare il primo allarme istituzionale in senso antinazista, dato che proprio a Dresda è nato il movimento islamofobo chiamato “Patrioti europei contro l’islamizzazione dell’Occidente” e meglio noto come “Pegida”.
Pegida, promossa e guidata da Lutz Bachmann, un losco personaggio che dopo aver lavorato in locali a luci rosse, venne condannato negli anni ’90 per svariate azioni contro l’ordine pubblico e diversi reati, tra cui: lesioni personali, furto, scasso e traffico di stupefacenti ha da sempre operato nel creare legami con la composita galassia dell’ultradestra tedesca. Pegida ha contatti comprovati con gli estremisti neonazisti dei “Reichsbürger” o “Cittadini del Reich” , formazione clandestina, dedita al commercio di armi e che sembra contare 19.000 membri attivi, principalmente negli stati di Brandeburgo, Meclemburgo-Pomerania Anteriore e Baviera.
In occasione delle manifestazioni di Pegida, Bachmann parla spesso dei “criminali richiedenti asilo”, scagliandosi ripetutamente contro migranti e musulmani. Sotto la guida di Bachmann ed in prima fila, uno accanto all’altro, i leader dell’AfD Björn Höcke, Andreas Kalbitz e Jörg Urban furono tra i protagonisti dlla nota manifestazione di Chemnitz nel 2018, con circa ottocento simpatizzanti di estrema destra, scesi per le strade al grido di “Il popolo siamo noi”, come protesta per la morte di un tedesco di 35 anni durante una lite con un siriano e un iracheno, e che si trasformò in una caccia allo straniero in piena regola, culminata con una ventina di feriti.
La manifestazione xenofoba trovò sostegno nelle parole del deputato di Alternative fuer Deutschland (AfD), Markus Frohnmaier, che per l’occasione twittò: “se lo Stato non può più proteggere i suoi cittadini, i cittadini vanno in strada a proteggere se stessi. Molto facile”. In quell’occasione Bachmann parlando a “Der Spiegel” disse: “Sono gli elettori dell’Afd che durante le manifestazioni di Pegida mostrano il loro vero volto, non il contrario”.
Durante il loro quinto raduno annuale del 2019, i relatori di PEGIDA hanno annunciato ai sostenitori una stretta alleanza con il partito Alternativa per la Germania (AfD), che è diventato il terzo partito nella camera bassa del parlamento federale, il Bundestag. A Dresda e in Sassonia, il partito di estrema destra AfD sta capitalizzando i voti di “Pegida”, stravincendo con il 30%. Alle manifestazioni di Pegida si è unito spesso anche il noto leader dell’estrema destra olandese, l’islamofobo Wilders che usa ribadire frasi come: “Cari amici, patrioti tedeschi, guardiamo a Israele, impariamo da Israele. Israele è un’isola in un mare di barbarie islamica. Israele è un faro di libertà e prosperità in una regione di oscurità islamica. Israele si rifiuta di essere invaso dai jihadisti. Quindi dovremmo farlo.”
La deputata della “Die Linke” (La Sinistra) Ulla Jelpke ha significativamente affermato “Gli haters dell’islam sono passati dalla strada al Parlamento tedesco e usando questa tribuna hanno contribuito all’avvelenamento del clima sociale contro i musulmani in Germania.”
Da tempo l’estrema destra tedesca ha preso di mira oltre al tradizionale bersaglio composto dalle comunità ebraiche anche, ed in particolare, le comunità islamiche. Il movimento di Pegida, che fa della battaglia contro una presunta “islamizzazione d’Europa” il centro del proprio agire politico, ha avuto un forte ruolo nell’influenzare pensiero e azioni dell’ultra-destra tedesca, infestando il discorso pubblico di propaganda anti-islamica.
Infatti se già nel 1982 il neonazista Helmut Oxner sparò sulla folla di Norimberga e, quando si trovò di fronte alla polizia, esclamò: “Niente paura, sparo solo ai turchi!” con la riunificazione tedesca prese forma anche il fenomeno del neonazismo della ex DDR, che iniziò ad emergere nelle cronache internazionali in occasione delle violente aggressioni di massa contro stranieri nei disordini di Rostock-Lichtenhagen nell’agosto 1992.
Dagli anni ‘90 in poi, i pestaggi, le aggressioni e gli attacchi esplosivi dei gruppi neonazisti sono nettamente aumentati come numero e qualità. Ma è a partire dal 2015, con la cosiddetta crisi dell’immigrazione, che il neonazismo ha infine iniziato a incunearsi nelle contraddizioni del multiculturalismo e dell’immigrazione, mirando a forme di consenso capaci di muoversi al di là del classico bacino militante neonazista e adottando tattiche di vero e proprio entrismo nelle nuove formazioni di destra come l’AdF.
Significativi in questo senso, sono stati i vari episodi di attacchi contro centri di asilo e per rifugiati, avvenuti negli ultimi anni, i cui autori sono talvolta persone partite dai rally anti-immigrazione e passate all’estremismo militante in pochi mesi. Come accade sempre più spesso in tutta Europa, settori dell’ultra-destra si sono legati ad Israele in chiave anti-araba e anti-islamica, alimentando quell’islamofobia che viene ancora pericolosamente sottovalutata.
Solo nel 2017 il governo tedesco ha registrato almeno 950 episodi di islamofobia, mentre le associazioni islamiche affermano che i casi siano molti di più, data la tendenza a non denunciare, ma il clima peggiora di anno in anno, più di 100 moschee e istituzioni religiose sono state attaccate nel 2018 mentre la Polizia ha registrato 813 crimini d’odio contro i musulmani l’anno scorso, tra cui insulti, lettere minacciose e aggressioni fisiche.
Almeno 54 musulmani sono rimasti feriti negli attacchi. La natura ideologica del fenomeno trova conferma nel fatto che l’odio anti islamico è solitamente inversamente proporzionale alla presenza effettiva dei musulmani: ad esempio circa il 30 percento di coloro che si trovavano nell’est arriva al punto di dire di non volere un musulmano per un vicino, mentre il tasso di coloro che percepiscono l’Islam come una minaccia è del 57% nella Germania orientale, contro il 50% della Germania occidentale dove la presenza islamica è assai più numerosa.
Tutto ciò dovrebbe farci riflettere sulle trasformazioni in atto in ampli settori della destra estrema, che sempre più spesso trova sbocchi istituzionali dove esercitare la propria nefasta influenza ideologica, in cui, pur mantenendo il “nemico ebraico” nella propria narrazione, si stagliano nuovi nemici, più facilmente identificabili, come i migranti e l’Islam, religione a cui vengono associati i migranti perché sovente provenienti da paesi musulmani. Questa retorica, veicolata poi da partiti e media, va ad influenzare profondamente l’opinione pubblica in un circolo perverso.
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