La notizia virale del gesto di Salvini e del suo “attacco” al citofono della famiglia di origini tunisine ha portato l’ex Ministro degli Interni a ricevere forti critiche un po’ da tutto lo spettro politico nazionale e internazionale, incluso ovviamente dalla politica tunisina. In quanto a droga e crimine Salvini dovrebbe guardarsi in casa ma la sua retorica si basa su problemi molto sentiti in realtà abbandonate dallo Stato e non bisogna fare l’errore di renderlo un martire perchè è ciò che cerca.
Persino Giorgia Meloni si è dissociata dall’atto affermando:”Io non l’avrei fatto”. Se sei una persona così in vista il pericolo emulazione non si può controllare” alludendo al rischio di emulazioni di simili ronde da vigilante in giro per Italia da parte dei fan di Salvini.
La storia che circonda la famiglia tunisina, la donna che ha accusato la famiglia e un po’ tutto il quartiere di Pilastro che è stato protagonista di questa vicenda raccontano un’Italia dove le istituzioni non arrivano, dove la povertà e la crisi hanno colpito duramente. Da un lato la donna infatti parla da madre di un figlio colpito da SLA e tossicodipendente deceduto dopo un’overdose a trent’anni. Dall’altro la famiglia di origine tunisina, con il padre che lavora e il figlio maggiore con precedenti penali legati alla droga, problema quest’ultimo che rappresenta una piaga per Pilastro.
Se da un lato le vicende dietro il gesto della donna e di Pilastro sono profonde, ciò che è stato superficiale è invece il gesto di Salvini. Sì, perché lui che è pronto a fare il vigilante e a suonare al citofono degli altri dando al pubblico nome e abitazione di altri cittadini ed esponendoli di conseguenza al pericolo, ha dimenticato di suonare al suo di citofono.
Il segretario del PD Nicola Zingaretti ha invitato in una recente dichiarazione l’ex Ministro degli Interni a citofonare ai mafiosi “visto che Salvini quando ha fatto il ministro degli Interni questo non lo ha fatto.” Ma la lista di individui da citofonare è ben più lunga per Salvini: i neofascisti con cui tranquillamente condivide il palco ad esempio; oppure i suoi della Lega che di droga se ne intendono, come nel caso dell’arresto del consigliere leghista Maurizio Agostini trovato con 3 etti di cocaina.
Salvini non deve nemmeno guardare così lontano, perché i 49 milioni di euro rubati dalla Lega ad esempio non si vedono ancora. In quest’ultimo caso avrebbe da citofonare a Bossi ma anche a se stesso visto che parte di quel denaro fu incassato durante le gestioni della Lega di Salvini, ben 820 mila euro e non dunque somme necessariamente difficili da notare. Umberto Bossi questo lo esplicitò quando disse “Quei soldi li ho presi e li ho lasciati nelle casse del partito”. “Quello che è successo dopo? Bisogna chiederlo a Maroni e Salvini.”
Salvini ha mostrato più volte di volere strumentalizzare l’ondata di malcontento dei cittadini italiani a suo vantaggio. La retorica del “prima gli italiani” ha sempre cozzato coi fatti, che hanno visto sempre e comunque “prima Salvini”. Il rischio che la politica d’opposizione non deve correre però è quello di rendere Salvini un martire. Sì, perché fra discorsi d’odio contro minoranze e strumentalizzazioni di ogni genere, Salvini ha cavalcato un malcontento basato su problemi strutturali reali a cui la politica italiana non ha saputo (o non ha voluto) rispondere.
Il meccanismo pericoloso in cui ci si trova fa si che attaccare Salvini per la sua scorrettezza in questo caso rischia che far passare Salvini per l’unico che combatte la criminalità mentre così evidentemente non è.
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