Avevano 9, 13 e 14 anni, quando, nel 2011, furono arrestati, i cinque giovani sauditi che potranno essere giustiziati per aver partecipato a proteste nella provincia di Qatif.
Secondo la European Saudi Organization for Human Rights, una ONG che ha sede in Germania, i cinque giovani, Ahmed Abdul Wahid Al Faraj, Ali Muhammad Al Butti, Muhammad Hussain Al Nimer, Ali Hassan Al Faraj e Muhammad Essam Al Faraj, sono stati in arrestati per aver partecipato ai funerali di alcuni loro congiunti o concittadini che erano stati uccisi extragiudizialmente dalle forze di sicurezza del regime.
Dopo aver passato 8 anni in condizioni che la ONG definisce “degradanti e disumani” gli accusati, una volta giudicabili come adulti, sono stati portati in tribunale dove la pubblica accusa ha chiesto per loro la pena di morte.
Non avrebbero potuto avere neppure quel minimo di garanzie legali che la procedura saudita prevede ed essere assistiti da un legale di fiducia.
Tutto ciò nonostante l’Arabia Saudita abbia ratificato nel 1996 la Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo, che vieta la condanna a morte e l’ergastolo senza possibilità di liberazione per persone di età inferiore a 18 anni al momento del crimine.
Con l’ascesa di Mohammed Bin Salman sono aumentate le condanne nei confronti di oppositori politici, reali o presunti tali e, nel 2019, sono state 184 le condanne a morte eseguite nel Regno.
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