Le edicole rimangono aperte. Questa è la buona notizia infilata nel DPCM dell’11 marzo, che mantiene funzionante l’intera filiera dell’informazione dal produttore al consumatore. Un consumatore in carne ed ossa che si reca, di solito a piedi, presso un chiosco di vetro e metallo per acquistare un oggetto concreto, un fascicolo di carta stampata. Lo terrà sotto braccio o lo infilerà nella tasca del soprabito, nella borsa del pc, sotto il passeggino del pupo.
Lo spazio nel quale si forma l’opinione pubblica
Lo avrà ricevuto dalle mani di un edicolante anch’egli in carne ed ossa, un uomo o una donna che adesso indossa una mascherina, si ripara dietro un vetro e da giorni temeva la chiusura forzata. L’abbiamo temuta anche noi suoi clienti dopo aver visto chiudere uno dopo l’altro i bar che delle edicole sono i partner. Così invece si salva uno dei due pilastri nostrani – i bar e le edicole – della “sfera pubblica episodica” (Habermas, Fatti e norme, Guerini e Associati), cioè lo spazio informale della vita quotidiana nel quale si forma l’opinione pubblica.
Un’altro spazio pubblico rimane aperta
Per la prima volta, da quando è iniziata questa strana guerra contro un nemico invisibile, possiamo rallegrarci perché rimane aperto uno spazio pubblico che potremo continuare a frequentare senza sentirci in colpa. Certo non potremo più fare salotto in quello spazio informale il quale – su un marciapiede o all’angolo di una piazzetta – non è il prodotto di un disegno urbanistico ma bensì di una pratica sociale. Ma come cospiratori uno dopo l’altro ci piazzeremo davanti all’edicolante, sussurreremo un titolo come una parola d’ordine, faremo un breve commento, porgeremo una parola di incoraggiamento.
Un limite allo scambio tra libertà e sicurezza
Non ci dilungheremo per fare posto al cliente seguente, al compagno o alla compagna di resistenza che riconosceremo alle nostre spalle pur col volto mascherato. Ci sentiremo dei resistenti perché in quel piccolo gesto quotidiano stiamo difendendo la democrazia e i suoi valori.
Non solo servizio ma simbolo, le edicole aperte rivelano l’esistenza di un tacito accordo tra governanti e governati: mettono un limite allo scambio tra libertà e sicurezza.
“Nel momento di massima emergenza l’intera filiera dell’informazione continuerà ad operare quale presidio essenziale di servizio pubblico e di democrazia” ha twittato il Sottosegretario all’Editoria Andrea Martella. L’epidemia si rivela così il prisma che scompone cognizioni e credenze monolitiche. Essa problematizza il significato di certi dati come il declino ineludibile della stampa cartacea e di certi assiomi come la superiorità generale del virtuale sul reale.
Si è passati da 42 mila a 26 mila edicole in quindici anni
Certo i maggiori quotidiani italiani tra 2013 e il 2019 hanno subito crolli intorno al 50% delle vendite e le edicole sono passate da 42 mila a 26 mila in quindici anni: solo l’anno scorso hanno chiuso in media quattro edicole al giorno. Questo circolo vizioso viene considerato talmente ineludibile che non si fanno vere e proprie diagnosi sulle origini.
Non ci sono alternative
Chiudono le edicole perché la gente preferisce leggere i quotidiani online o crollano le vendite dei quotidiani cartacei perché si fanno sempre più rare le edicole? Difficile dirlo perché, fino adesso, il problema è stato affrontato, per pigrizia o interesse, con il paradigma TINA: there is no alternative, non ci sono alternative. I vantaggi economici e pratici del virtuale sarebbero tali e tanti che esso non può che spazzare via il materiale.
La notte bianca delle edicole
Meno di due mesi fa, il 29 gennaio scorso, il sindacato dei giornalai affiliato alla Cgil aveva organizzato la notte bianca delle edicole – una edicola aperta fino alle 23 in ogni città italiana – per attirare l’attenzione del mondo politico, delle amministrazioni comunali e dell’opinione pubblica sull’importanza delle edicole “nell’ambito sociale, culturale e democratico del nostro paese.”
L’economia potrebbe dare il colpo di grazie ad un settore in crisi
Ma come mai allora oggi, quando decreti draconiani impongono di ridurre al minimo i contatti fisici, quando il mondo del lavoro, dei servizi e dell’educazione sta tentando di implementare in modo massiccio il ricorso a nuove tecnologie, quando governo e comuni d’accordo chiudono i luoghi della socialità, della cultura e del culto, si tiene in piedi quel presidio materiale dell’informazione che sono le edicole? L’epidemia potrebbe dare il colpo di grazia ad un settore in crisi e questo risponderebbe alle leggi del mercato.
Leggi che però oggi vengono sospese in una situazione emergenziale che potrebbe addirittura sfociare nella rinascita delle edicole. E se ciò indubbiamente avviene anche per la pressione di legittimi interessi materiali – quelli di edicolanti e proprietà, editori e stampatori, trasportatori e distributori – tuttavia il tweet di Martella riflette un sentire più generale dell’opinione pubblica. O di un suo pezzo significativo.
La sfera pubblica astratta
I cittadini oggi riscoprono il nesso ineludibile tra democrazia e spazi materiali in cui praticarla. Le edicole sono il punto di contatto tra la sfera pubblica episodica e quella che ancora Habermas chiama la “sfera pubblica astratta”, cioè quella dei media. Il mondo dei media non è tutto rose e fiori né tanto meno mondo di spiccata virtù. Le testate che stampano concentrano potere, interessi e capacità di influenzare l’opinione pubblica.
Stiamo tenendo in piedi uno dei pilastri della democrazia
Ma lì, davanti all’edicola, quando con un solo colpo d’occhio confrontiamo titoli diversi, quando ci diversifichiamo negli acquisti e poi fieramente ci affrontiamo al bar criticando le reciproche scelte di titoli e testate (che spesso il bar ci mette a disposizione gratuitamente), stiamo producendo un pezzo di sfera pubblica, stiamo tenendo in piedi uno dei pilastri della democrazia.
Io e il mio vicino al bancone
Non siamo manipolabili, io e il mio vicino al bancone, quando sventoliamo i nostri fogli di opposte tendenze e a ciò che scrivono accostiamo le nostre esperienze di vita quotidiana. E questa è la differenza tra una democrazia e una non democrazia. La democrazia mette nel paniere dei bene essenziali non la semplice informazione ma l’informazione che trae linfa dalla nostra vita, quella reale, non quella che ci costruiamo su Facebook.
PS State leggendo queste righe su un giornale che esiste solo online. Non è un paradosso ma la dimostrazione che la sfera pubblica materiale e quella astratta hanno bisogno l’una dell’altra: perché se non ci fosse la carta stampata non ci sarebbe nemmeno l’edicola ma se non ci fosse la stampa online non ci sarebbe controllo diffuso su quella cartacea. E i livelli complessivi di indipendenza e pluralismo dell’informazione crollerebbero.
Nessun commento