Cittadini di Serie B anche da morti
Da una settimana una famiglia musulmana di Pisogne, un paese di 8000 abitanti sulla sponda nord orientale del lago d’Iseo è costretta a vivere in quarantena con la bara dell’anziana madre deceduta. Una situazione in cui il grande dolore per la perdita subita si acutizza drammaticamente per quella presenza e il senso d’impotenza diventa intollerabile.
E’ un grido di dolore quello che lancia Yassin Lafram, presidente dell’UCOII sul sito istituzionale dell’organizzazione islamica e che riecheggia sui social media e i gruppi WhatsApp di moltissimo musulmani e non solo.
Mi è stata segnalata una situazione drammatica nel comune di Pisogne in provincia di Brescia, dove una famiglia musulmana è costretta a stare nella propria abitazione da una settimana con la madre, morta il 18 marzo, chiusa in una bara in casa, scrive il presidente dell’UCOII
Il Comune di Pisogne non dispone, come la maggior parte dei comuni italiani di un’area cimiteriale adibita alla sepoltura dei credenti musulmani e quanto dichiara Lafram “Il Comune di Brescia -che ne è provvisto- non autorizza la sepoltura nell’area idonea”.
Questa vicenda s’inserisce tragicamente nel problema che le associazioni dei musulmani denunciano da molto tempo. Se è vero com’è vero che, in tempi normali una gran parte delle salme dei musulmani deceduti in Italia vengono rimpatriate nel Paese d’origine questo oggi non è possibile per il blocco del servizio decretato dalle autorità competenti delle due sponde.
I cimiteri sono comunali e i relativo regolamenti consentono l’inumazione solo a chi sia morto nel comune o, se il decesso è avvenuto altrove se il defunto vi era residente anche se mancato altrove.
Talvolta viene autorizzata anche se non ricorrono i due casi di cui sopra se si tratta di persona originaria di quel comune o se i congiunti dispongono di una tomba di famiglia… talvolta.
Nei giorni scorsi l’UCOII aveva già lanciato un appello alle autorità di governo affinché i prefetti fossero autorizzati dal Viminale a usare dei poteri conferitegli dai decreti emergenziali per scavalcare tali limitazioni onde non aggravare con il peso dei morti la già difficile condizione dei vivi e qualcosa sembrava essersi mosso, ma non nel caso di Pisogne a cui ci stiamo riferendo.
“Continuiamo a ricevere quotidianamente segnalazioni di diversi casi di musulmani morti durante questa emergenza – continua Lafram- tra questi anche medici contagiati mentre prestavano servizio per salvare tutti noi.
Il diritto ad una sepoltura degna e consona alla propria fede e tradizione è uno dei diritti fondamentali della persona, a prescindere da quale essa sia e questa triste vicenda acclara, se ce fosse ancora bisogno, la condizione di discriminazione che regolamenti e mentalità ristrette, in contrasto con la Costituzione della Repubblica, impongono a 2,6 milioni di cittadini e residenti musulmani nel nostro Paese.
“Ci auguriamo- conclude il presidente UCOI- che le autorità nazionali e locali non permettano che rigidità incongrue in questo frangente, siano superate nello slancio unitario che tutto il Paese sta facendo per far fronte ad una situazione eccezionale, e che vede noi musulmani impegnati solidarmente nello sforzo comune”.
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