Sono corso verso il Nilo dell’autore egiziano ‘Ala al-Aswani, pubblicato nel 2018, non è un documentario ma un romanzo che ci aiuta a capire le contraddizioni della società egiziana contemporanea così come le basi di un regime profondamente autoritario. È un libro che appassiona ma che, allo stesso tempo, sconvolge e deprime. Eppure, va assolutamente letto da chi si occupa di paesi arabi.
Il romanzo Sono corso verso il Nilo, pubblicato in arabo nel 2018 con il titolo di جمهورية كأن (Repubblica come se) e pubblicato in Italia nello stesso anno da Feltrinelli, è la storia deprimente del Generale ‘Alwani, di sua figlia Dania, dello studente di medicina Khaled e di suo padre ‘Amm Madani, del giovane ingegnere Mazen e della sua fidanzata Asma’, della presentatrice Nurhan e del copto Ashraf e della sua amante musulmana Ikram.
La denuncia della corruzione della società egiziana
Le loro storie si intrecciano nella normalità di inuguaglianza e angherie che precedono le manifestazioni di Piazza Tahrir. Si ritrovano nella destituzione del presidente Hosni Mubarak e, alla fine, nella riconquista del potere da parte delle forze armate. Da diverse prospettive gli autori vivono la corruzione del regime di Mubarek, la violenza della repressione del regime durante e dopo la Primavera Araba. All’estrema brutalità dello stato, ‘Ala al-Aswani aggiunge un opprimente denuncia, con la ovvia accentuazione di questo genere letterario, della corruzione non solo della burocrazia ma anche della società egiziana strangolata da relazioni sociali opprimenti, da diverse ipocrisie e dalla religione (sia musulmana che cristiana) abusata per legittimare diversi soprusi.
Non si tratta di temi nuovi. L’autore egiziano si è presentato ai lettori nel 2002 con Palazzo Yacoubian pubblicato in italiano sempre da Feltrinelli nel 2006) che è divenuto anche un film dallo stesso titolo il cui protagonista è il famoso attore Adel Emam.
La corruzione, la povertà, l’inefficienza e la violenza dello stato—i veri protagonisti di Palazzo Yacoubian—erano i motivi principali delle rivoluzioni del 2011 che ‘Ala al-Aswani, un dentista che si è dedicato alla scrittura, non ha mancato di sostenere. Tuttavia, così come si evince dai suoi editoriali, ma anche dalle pagine di Sono corso verso il Nilo, al-Aswani ha criticato anche gli sviluppi successivi e l’elezione di Mohammed al-Morsi, che egli ha visto come marionetta della leadership occulta dei Fratelli Musulmani.
Questa stessa leadership, nel romanzo, si accorda con il regime per manipolare la rivoluzione. Nelle pagine del libro non mancano neanche i salafiti (nella realtà sostenitori di al-Sisi) rappresentati dalla figura di Sheikh Shamel, connivente e sostenitore del regime. In cambio, egli ne riceve vantaggi economici e accesso illimitato ai media per indottrinare gli egiziani.
Le critiche al regime militare di al-Sisi
L’autore egiziano non ha mancato, successivamente, di criticare con forza il regime militare di al-Sisi che ha recuperato (se non superato) il livello di corruzione e violenza del regime di Mubarak. Nel 2014, le critiche di al-Aswani fecero in modo che i suoi editoriali settimanali furono censurati sulla stampa egiziana e, poi, fu costretto ad allontanarsi dal paese. Oggi, continua a pubblicare editoriali sull’edizione araba del sito Deutsche Welle. Un suo editoriale pubblicato nel marzo 2019, che gli costò una causa penale, denunciò la retorica faziosa del regime militare, il suo modo di costruire l’obbedienza assoluta al leader, la legittimità per la repressione del nemico interno, il culto per i martiri dell’esercito e la sua forza “invincibile”.
I suoi romanzi che non hanno mai un lieto fine
Tutta la retorica del regime è presente nei suoi romanzi che, però, non hanno mai un lieto fine. In Sono corso verso il Nilo, alla rivoluzione con tutte le sue speranze per un paese migliore è seguita una controrivoluzione che ha distrutto o fortemente segnato le vite dei giovani Dania, Khaled, Mazen e Asma’ mentre il Generale ‘Alwani, Sheikh Shamel, la presentatrice Nurhan hanno mantenuto il loro potere con tutta la sua corruzione e decadenza morale.
Se gli egiziani si fanno influenzare dai mass media, è perché lo vogliono.
L’insegante di inglese, Asma’, attiva durante la rivoluzione, pestata a sangue dalla polizia e rifugiatasi all’estero scrive con rammarico al fidanzato in carcere, che probabilmente non vedrà mai più: “Se gli egiziani si fanno influenzare dai mass media, è perché lo vogliono. Alla maggior parte degli egiziani sta bene la repressione, accettano la corruzione e ne sono diventati parte integrante. Se hanno avuto in odio la rivoluzione fin dall’inizio è perché li faceva sentire a disagio con se stessi. Hanno odiato la rivoluzione prima che i mezzi di informazione offrissero un motivo per odiarla. Gli egiziani vivono in una repubblica come se, in una repubblica per modo di dire. Vivono in mezzo a un mucchio di menzogne che passano per verità. […] L’Egitto è una repubblica per modo di dire, una repubblica come se. E siccome noi abbiamo mostrato la verità agli egiziani, loro ci odiano dal profondo del cuore” (p. 376).
Non è un documentario ma un romanzo
Sono corso verso il Nilo non è un documentario ma un romanzo. Ma come Palazzo Yacoubian, ci aiuta a capire le contraddizioni della società egiziana contemporanea così come le basi di un regime profondamente autoritario. È un libro che appassiona ma che, allo stesso tempo, sconvolge e deprime. Eppure, va assolutamente letto da chi si occupa di paesi arabi.