<<La mattina del 27 marzo era iniziata come molte altre mattine. Era la prima settimana di Ramadan e avevo appena cominciato a lavorare su alcuni progetti relativi alla nostra ultima campagna di raccolta fondi, quando ho ricevuto una e-mail che mi avvisava che la nostra organizzazione era stata citata in un articolo. Trattandosi di un’organizzazione islamica, ho subito pensato che si trattasse di un articolo negativo, come era avvenuto la maggior parte delle volte che eravamo stati menzionati negli ultimi 4 anni, ma leggendo il pezzo è apparso subito chiaro che si trattava di qualcosa di diverso.
L’articolo del New Yorker era intitolato “Gli sporchi segreti di una campagna diffamatoria”. Gran parte dell’articolo non era molto rilevante per la nostra organizzazione, ma poi ho notato un paragrafo che ha suscitato il mio interesse. Questa parte descriveva come un’agenzia svizzera di pubbliche relazioni chiamata Alp avesse pagato uno scrittore freelance per una serie di articoli volti a diffondere la narrativa secondo cui il Forum of Europe Muslim Youth and Student Organisations (FEMYSO) – la mia organizzazione – fosse un ramo collegato alla Fratellanza Musulmana che reclutava terroristi.
Al FEMYSO una giornata-tipo consiste nell’assicurarsi, durante un corso di formazione per volontari, di non confondere i requisiti dietetici con il metodo con cui si fa politica al Parlamento europeo, o nel discutere con un membro dell’organizzazione su come coinvolgere i giovani musulmani del loro Paese nelle azioni a favore del clima. È alquanto insolito, invece, diventare il soggetto di un racconto che sembra un romanzo di spionaggio.
Per anni siamo stati attaccati, attraverso articoli e tweet che riportavano la stessa identica narrazione citando gli stessi accademici. Naturalmente abbiamo rilasciato dichiarazioni pubbliche in cui sottolineavamo il fatto che queste affermazioni erano diffamatorie e contrastavano I fatti reali. Abbiamo contattato queste pubblicazioni, chiedendo una rettifica o un diritto di replica, ma nessuna di queste ci è stata concessa.
Dopo l’articolo del New Yorker, uno di questi accademici ha visto i propri colleghi interrompere i rapporti con lui a causa della sua decisione di anteporre gli incentivi finanziari al rigore accademico. Un’altra ricercatrice molto citata (anche dal gruppo politico ECR), Tanya Klein, è stata smascherata in quanto essere un personaggio fittizio creato ad arte da Alp per diffondere ulteriormente la narrazione.
Siamo un’organizzazione di soli volontari che da 27 anni promuove con forza i valori europei della coesistenza pacifica in società diverse e del dialogo interculturale e interreligioso attraverso la formazione e le campagne su temi quali la giustizia climatica e la consapevolezza della salute mentale. Il nostro obiettivo è fornire ai giovani musulmani europei l’accesso agli strumenti e all’istruzione per evitare l’alienazione, partecipando attivamente alla nostra storia collettiva europea.
Ma tutto questo è stato reso quasi del tutto inutile da un misto di diffamazione e disinformazione.
L’impatto della diffamazione sui giovani musulmani
Queste campagne diffamatorie non devono essere viste come un crimine che non produce vittime. La diffamazione ha un impatto devastante sui giovani delle minoranze. Come giovani musulmani, siamo una parte significativa della popolazione europea, ma veniamo costantemente diffamati e messi in discussione sulla nostra identità e fede. Qualsiasi europeo dotato di sensibilità storica dovrebbe essere particolarmente sensibile per il fatto che una minoranza religiosa europea venga identificata, diffamata e messa in discussione in base alla sua fede.
Io ho sviluppato una certa resilienza, grazie agli anni trascorsi come donna musulmana in ambito pubblico, ma i miei colleghi con meno esperienza non hanno avuta questa possibilità. Gli abusi anonimi, i messaggi strani ricevuti su LinkedIn perché eri in una foto di gruppo su Twitter, gli “accademici” non partecipanti che fanno affermazioni plateali collegate al terrorismo sul seminario nel quale hai appena imparato la differenza tra il Consiglio europeo e il Consiglio d’Europa. Ognuno di questi episodi è una forma di intimidazione che cerca di allontanare i giovani musulmani europei dall’ambito pubblico e di estraniarli dalla società partecipativa.
Mentre alcuni leader istituzionali hanno chiarito che non si lasceranno intimidire dal coinvolgimento dei giovani musulmani, altri hanno scelto di dissociarsi completamente. La mia organizzazione è attualmente messa a tacere da diversi forum politici nel contesto di una politica coordinata di esclusione, tra cui le iniziative antirazziste nelle quali non esiste alcuna voce alternativa.
Gli effetti della diffamazione sono reali e l’esclusione che ne consegue è davvero dannosa per la società civile europea: lascia le politiche giovanili incomplete, le nostre istituzioni non rappresentative, lo spazio civico ridotto – ma soprattutto allontana ulteriormente i giovani musulmani europei.
Andare avanti
Plaudo a quelle figure che hanno scelto di stare dalla parte dei giovani musulmani d’Europa, anche in mezzo ai continui appelli al loro disimpegno. Che la storia sia gentile con loro per aver mostrato coraggio quando non esistevano evidenti vantaggi politici. A coloro che si sono sentiti intimiditi e hanno esitato prima di rispondere alle nostre e-mail o telefonate; nonostante tutto quel che abbiamo sofferto, siete perdonati perché non avreste potuto immaginare che un governo straniero autocratico e senza limiti di denaro avesse ingaggiato un’agenzia di pubbliche relazioni svizzera, moralmente fallita, per creare un gruppo di accademici inesistente che ha diffamato un’organizzazione giovanile musulmana volontaria per diversi anni.
È assurdo, ma purtroppo è anche vero.
Facciamo in modo che l’esposizione di questi piani sia il motivo per cui coloro che vedono l’unità europea come un male falliscano nel loro obiettivo di dividerci. Moltiplichiamo la nostra collaborazione, in modo che un giorno, quando l’islamofobia si sarà dissolta e i musulmani d’Europa saranno guidati da una generazione di giovani, a proprio agio sia nella loro fede che nella loro identità europea, possano contribuire a costruire un’Europa migliore per tutti noi.>>
– Hande Taner, Presidente di FEMYSO
Articolo tradotto da originale pubblicato da EU Observer. Traduzione di Aicha Tiziana Bravi.