Moschee, bellezza e spirito: la lezione estetica di Istanbul e le sfide in Italia

La bellezza è una dimensione fondamentale della spiritualità islamica, una realtà che si dovrebbe riflettere in ogni aspetto della vita del credente. Le mie ripetute visite alle maestose moschee di Istanbul mi hanno permesso di esplorare profondamente questo legame. Questi luoghi sacri, noti per la loro architettura imponente, la cura dei dettagli e l’armonia estetica, non sono solo spazi di preghiera, ma veri e propri santuari dove la bellezza diventa una porta verso il divino.

Uno dei punti di partenza di questa riflessione è il hadith del Profeta Muhammad (pace su di lui), che dice: “Dio è bello e ama la bellezza.” Questo insegnamento sottolinea che la bellezza non è solo una questione esteriore, ma coinvolge anche la purezza delle intenzioni e la nobiltà delle azioni. Questo concetto diventa ancora più evidente nel contesto della moschea, dove la bellezza artistica si combina con la spiritualità più profonda.

La magnificenza delle moschee di Istanbul, con i loro minareti che si stagliano nel cielo, i mosaici intricati, i tappeti finemente lavorati e la luce soffusa che penetra dalle vetrate colorate, non è solo un piacere per gli occhi. Questi dettagli architettonici e artistici sono progettati per suscitare un senso di meraviglia e devozione, per ricordare al credente la grandezza di Dio e per ispirare un profondo senso di umiltà.

Questa idea trova una potente espressione anche nel Corano, dove Dio dice: “E prendete il vostro ornamento (zīna) ad ogni moschea” (Sura Al-A’raf, 7:31). Come spiegano i maestri spirituali, il termine “zīna”, che possiamo tradurre con ornamento o anche bellezza, non si riferisce solo all’aspetto esteriore, ma implica una preparazione spirituale e interiore. Questo versetto invita i credenti a presentarsi davanti a Dio nella loro forma più pura e curata, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente. Così, la bellezza diventa un elemento essenziale della pratica religiosa, un atto di rispetto e devozione.

Nelle moschee di Istanbul, e non solo, si percepisce chiaramente questa connessione tra la bellezza esteriore e la preparazione interiore. Entrare in queste moschee è come entrare in un mondo sospeso tra terra e cielo, dove l’arte e l’architettura non sono fini a sé stesse, ma strumenti per elevare l’anima. Le alte cupole che sembrano dissolversi nell’infinito del cielo, i motivi geometrici che richiamano l’ordine cosmico, e la luce che danza sugli ornamenti dorati, sono tutti simboli della bellezza divina che ci invita alla contemplazione.

Come scrive l’imam Abdessalam Yassine: Lo spirito anela alla bellezza assoluta, che è Dio l’Altissimo. L’anima desidera tornare alla sua origine, vicina a Lui. Quanto alle nature pure, i loro desideri per il loro Signore le elevano, anche dopo periodi di distrazione con i piaceri del mondo, verso gli stati dell’eccellenza (iḥsān), e così la parola di Dio diventa balsamo per la loro vita e primavera per il loro cuore.

Questo richiamo al “gusto innato” della bellezza divina è un aspetto intrinseco della natura umana: le anime pure, dopo essersi allontanate temporaneamente nei piaceri del mondo, tornano a desiderare l’armonia e la perfezione che solo Dio può offrire. La bellezza dell’arte e dell’architettura sacra, come quella che troviamo nelle moschee, rappresenta un balsamo che guarisce e rianima il cuore.

Ma la bellezza non si limita solo all’architettura o alla decorazione. Anche il modo in cui ci prepariamo per la preghiera è parte di questa esperienza estetica. Lavarsi, vestirsi in modo pulito e curato, entrare in moschea con un cuore sereno e un’intenzione sincera: tutto ciò riflette il desiderio di allinearsi all’armonia universale che la bellezza della moschea incarna. In questo senso, la bellezza esteriore diventa uno specchio della bellezza interiore, e la moschea non è solo uno spazio fisico, ma un luogo in cui il credente può riscoprire il proprio centro spirituale.

Le moschee sono quindi molto più che monumenti storici o capolavori d’arte: sono spazi sacri in cui la bellezza divina si manifesta nel mondo terreno. Ogni visita diventa un’opportunità per riflettere sulla nostra relazione con Dio, per ricordarci che la bellezza, sia esteriore che interiore, è un atto di adorazione. La loro grandezza architettonica non serve a glorificare l’uomo, ma a elevare l’anima, ricordandoci la nostra piccolezza di fronte alla vastità del Creatore e la nostra responsabilità di vivere in armonia con la Sua creazione.

Infine, non posso fare a meno di esprimere un certo dispiacere nel constatare che, in Italia, poche moschee riescono a offrire ai loro fedeli e visitatori una bellezza estetica simile a quella che ho sperimentato a Istanbul. Le ragioni di questa mancanza sono molteplici: la scarsità di fondi, le restrizioni normative che ostacolano la costruzione di nuovi luoghi di culto islamici, e, spesso, una limitata consapevolezza da parte dei dirigenti delle comunità islamiche sull’importanza di questo aspetto quando si apre una nuova moschea.

In molte moschee italiane, purtroppo, manca quel senso di bellezza e accoglienza che dovrebbe ispirare e avvicinare al divino. Spesso, si è costretti a entrare in spazi dove cattivi odori provenienti dai bagni o dalle scarpe sono diffusi, e dove manca un’attenzione estetica capace di elevare l’anima. Questo rappresenta una grande perdita, poiché, come ho cercato di sottolineare in questo articolo, la bellezza non è un dettaglio secondario, ma una via fondamentale per connettersi con Dio e per nutrire il cuore e la mente del credente.

In un’epoca in cui la spiritualità ha bisogno di essere nutrita da ogni elemento che possa elevare l’anima, è essenziale che anche le moschee italiane comprendano e integrino questa dimensione. La bellezza deve essere parte integrante del loro progetto, non solo per i fedeli che le frequentano, ma per offrire un’esperienza di connessione con il divino a tutti i nostri concittadini desiderosi di scoprirla.

La bellezza non è solo un dono, ma anche una responsabilità, una strada per avvicinarci a Dio e per coltivare in noi stessi un cuore puro e devoto.