La risposta di Russia e Italia a confronto: la crisi UNIFIL e la lezione non imparata dalla guerra russo-georgiana del 2008

Era il 7 Agosto del 2008 quando le truppe georgiane invadevano per ordine del presidente filo-occidentale Mikheil Saak’ashvili l’Ossezia del Sud. L’assalto avviene col support politico e militare dell’occidente in violazione del trattato di peacekeeping congiunto fra russi, georgiani, ed osseti risultando nella morte di molti civili a causa dei bombardamenti della Georgia. La Russia, che nell’assalto perde un rilevante numero di combattenti e civili di sua nazionalità non tarda a rispondere. La Russia invade la Georgia causando danni gravi e mettendo la Georgia in ginocchio dopo soli cinque giorni che culminarono con un cessate il fuoco mediato da Unione Europea e Francia.

Il contesto era complesso. C’erano gli Osseti che dopo la caduta dell’Unione Sovietica non volevano essere parte della Georgia e si sentivano più parte della Russia, c’era la Russia che dal separatismo osseto non aveva che da guadagnarci, e c’era l’occidente che da dietro le quinte supportava la Georgia sperando di ottenere un vantaggio strategico contro la Russia. C’era una cosa che l’occidente non aveva considerato tuttavia: la potenza della risposta e l’impreparazione della Georgia.

Nel 2024 ci ritroviamo con una situazione simile ma con l’Italia. Israele dopo quasi un secolo di occupazione brutale riceve un attacco devastante il 7 ottobre del 2023 dal movimento di resistenza palestinese di Hamas. La vendetta israeliana è feroce con un genocidio che porta a 40.000 morti civili (200.000 considerando le morti indirette secondo la ricerca di The Lancet). L’assalto contro Israele da parte della Palestina viene subito seguito dal coinvolgimento del movimento militante Hezbollah che dal Libano lancia attacchi strategici al nord di Israele per portare Israele al dissanguamento con l’apertura di un secondo fronte. Il mondo guarda in silenzio mentre Israele continua la sua furia omicida con il beneplacito americano.

L’Italia in silenzio segue a ruota il padrone americano.

Dopo aver raso al suolo Gaza, Israele si volge verso il Libano iniziando una campagna di bombardamenti e attacchi terroristici (vedi l’attacco coi cercapersone) che in poche settimane causa centinaia di morti civili. Ed è qui che si presenta una situazione che ricorda quella russo-georgiana del 2008. Il Libano è separato da Israele da una linea di demarcazione ONU gestita da una missione permanente rappresentata dall’Italia: UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon), una missione di peacekeeping delle Nazioni Unite istituita nel 1978 con la Risoluzione 425 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La missione è attiva lungo la linea di demarcazione tra Libano e Israele, conosciuta anche come “Linea Blu”. UNIFIL – l’Italia – ha il compito di monitorare il cessate il fuoco e contribuire alla stabilità nella regione, particolarmente nel sud del Libano, che è storicamente una zona di conflitto tra Israele e gruppi armati come Hezbollah.

De facto un pezzo di Italia si trova proprio nel fuoco incrociato fra il Libano ed Israele ed in questo contesto Israele – che ha bisogno di rimuovere l’ostacolo della linea di demarcazione per invadere a piacimento il Libano – decide di mandare un segnale alla missione ONU.  L’esercito israeliano manda truppe di terra supportate da un carro armato con una missione operativa – e cioè voluta e pianificata –  sparando contro le nostre truppe italiane due volte in meno di 48 ore, come confermato anche dall’ONU.

Giovedì 11 ottobre, le forze israeliane sparano ripetutamente contro una torre di guardia presso la sede di UNIFIL, ferendo due membri delle forze, e venerdì nuovamente sparano contro una torre di guardia, ferendo altri due caschi blu.

Israele, dunque, invade l’Italia, un membro Nato. L’Italia, se non per qualche sussulto, rimane in silenzio seguendo ancora una volta il padrone americano.

L’Italia della Meloni, che ha ottenuto il suo successo durante le elezioni promettendo un’Italia forte, indipendente, sovrana, risponde con una conferenza stampa del Ministro della Difesa Crosetto in cui a testa bassa, quasi a chiedere scusa, afferma che si è trattato di un crimine di guerra dovuto ad una distrazione. La distrazione tuttavia avviene per due giorni di fila con una “distratta” forza militare speciale israeliana supportata da un “distratto” carro armato a supporto.

La verità è evidente a tutti mentre i giornali e gli analisti in Italia sono in fiamme implorando una risposta che preservi l’integrità del nostro Paese: rispondere. Alcuni hanno chiesto una risposta brutale e feroce come la Russia del 2008 proponendo persino di bombardare Tel Avi, ma noi non siamo la Russia. Altri timidamente hanno chiesto l’arresto immediato del trasferimento di qualsiasi armamento ad Israele e sanzioni. Crosetto, Ministro della Difesa dello Stato Italia risponde: “convoco l’ambasciatore israeliano”. Convoca, forse per un caffè, forse per chiedere consiglio al padrone sionista sul copione da recitare.

L’Italia in silenzio segue a ruota il padrone americano.

Dopo essere stati in silenzio – almeno a livello di Governo – per una anno mentre per la prima volta nella Storia le vittime di un genocidio hanno trasmesso in diretta il loro massacro, non è bastata neanche questo a risvegliare l’Italia dopo l’ennesima provocazione dell’Israele che ha fatto sua la parte del marito violento, alcolista (di hubris), e tossicodipendente (dal sangue di innocenti civili). Quel marito psicopatico che prima picchiava l’amante (Palestina) ora ha picchiato noi – la moglie-Italia, ricordando il famoso esempio di Giulio Andreotti che parla di Israele come moglie dell’Italia ma della Palestina come nostra amante.

Il Governo della Meloni che si diceva sovranista, che doveva essere il primo a reagire ad una offesa dal carattere atavico, tribale, e preistorico come questo, non reagisce.

L’Italia in silenzio segue a ruota il padrone americano.