Ecco perché ho esposto la bandiera palestinese di fronte a Mattarella

Ieri, durante la commemorazione dell’80° anniversario della strage dei Piccoli Martiri di Gorla alla quale ha presenziato il Presidente Mattarella, ho scelto di esporre una grande bandiera palestinese da un balcone antistante il monumento che ricorda quei tragici eventi. Questo gesto, in un giorno così carico di memoria, è stato per me un modo per richiamare l’attenzione su una tragedia che, purtroppo, si perpetua ancora oggi: la continua strage di bambini che si consuma in Palestina. 

La strage di Gorla, avvenuta il 20 ottobre 1944, è uno degli episodi più dolorosi della Seconda Guerra Mondiale in Italia, un bombardamento alleato su una scuola, uccise 184 bambini. Questo orrore, scolpito nella memoria collettiva italiana, rappresenta un simbolo universale delle atrocità della guerra e delle sue vittime più innocenti e indifese: i bambini.

Il parallelo che ho voluto tracciare è con la situazione attuale a Gaza, dove, secondo le stime, circa 20.000 bambini palestinesi sono stati massacrati da Israele dal 8 ottobre 2023 ad oggi. Proprio come i bambini di Gorla, anche loro sono vittime innocenti ma agli occhi dei nostri governanti non hanno la stessa dignità.

La bandiera palestinese che ho esposto non è solo un simbolo di solidarietà, ma anche un richiamo urgente all’azione.

La memoria storica di eventi come la strage di Gorla deve trascendere il semplice ricordo. Essa deve trasformarsi in un impegno attivo per prevenire che simili tragedie si ripetano. È essenziale che queste commemorazioni servano a riflettere sull’attualità e a spingere per un cambiamento.

In questo contesto, anche il nostro Paese e figure come il Presidente Mattarella devono assumersi le proprie responsabilità e smettere di difendere Israele e i suoi crimini. 

L’Italia, che ha conosciuto il dolore della guerra e ha visto i suoi bambini fatti a pezzi dai bombardamenti esattamente come accade ai bambini di Gaza, dovrebbe smettere di essere complice di crimini di guerra. Ciò implica una riflessione profonda e scomoda sulle nostre alleanze internazionali.