La resistenza inarrestabile: Israele come ‘ancien mauvais’ alla fine di un’era

La guerra contro l’oppressione non è imminente: è già in corso, e Israele è ora identificato in modo pressoché globale come il nemico perfetto, simbolo di ingiustizie che il mondo moderno non può più tollerare. Dopo decenni di politiche di occupazione e repressione, il suo ruolo di oppressore appare indiscutibile: una nazione che, nel perseguire l’espansione territoriale, ha scelto di ignorare i diritti fondamentali di un intero popolo. E questo l’ha macchiato in maniera indelebile, consolidandone l’immagine come ultimo baluardo di un vecchio mondo fondato su sopraffazione e ingiustizia.

Un ciclo di violenza perpetua che non può portare alla vittoria

Israele non potrà mai eliminare davvero il proprio “nemico” (che sia il palestinese o chiunque si opponga al suo regime), non senza annientare ogni singola persona che ha subito o assistito alla sua oppressione. Anche se riuscisse a sottomettere un’intera generazione, ne sorgerebbero altre pronte a opporsi a un regime che rifiuta loro l’umanità. Il sistema israeliano si è spinto così oltre da rendere impossibile una pacificazione, avendo ormai costruito attorno a sé un muro di odio e disperazione. Il conflitto contro i palestinesi, a lungo ignorato o minimizzato, ha invece gettato le basi per una resistenza che non può essere estinta, ma solo alimentata.

Israele come incarnazione dell’ancien mauvais in un mondo che evolve

Israele rappresenta un modello che appartiene al passato: quello di una guerra di conquista, del fanatismo politico e della propaganda di Stato, sostenuto da sistemi di apartheid e colonizzazione. Ma l’era del dominio militare come garanzia di sopravvivenza si avvia alla fine. A differenza di popolazioni passate, i resistenti di oggi hanno accesso a tecnologie avanzate che consentono di raccogliere prove, diffondere informazioni e organizzare risposte. Per Israele, confrontarsi con queste tecnologie, così diffuse e alla portata di tutti, significherà combattere contro una nuova forza globale, una che non potrà sottomettere militarmente o con la propaganda.

Un’evoluzione tecnologica che alimenta la resistenza

I palestinesi e i sostenitori dei diritti fondamentali sono oggi sotto una pressione che potremmo definire “evolutiva.” Con ogni nuovo strumento tecnologico si aprono nuove possibilità di resistenza, rendendo sempre più difficili i tentativi di Israele di mantenere il controllo. In un futuro non lontano, non è difficile immaginare come una potenza con interessi regionali e che voglia destabilizzare Israele possa offrire alle forze di resistenza strumenti avanzati, come intelligenze artificiali in grado di eludere anche le più complesse strategie militari. Ogni nuova innovazione renderà più arduo, per Israele, perpetuare la propria egemonia, mentre la resistenza diventerà sempre più automatizzata, potente e capace di sfidare un regime che non riesce a tenere il passo con l’era tecnologica.

L’unica via per Israele: la resa e il riscatto

Israele ha un’unica via d’uscita da questa inevitabile sconfitta: riconoscere il proprio ruolo di oppressore e scegliere una strada nuova. Deve smettere di pensarsi come entità superiore e cominciare a negoziare con il popolo palestinese, riconoscendone il diritto all’autodeterminazione e impegnandosi a riparare ai danni causati. È una chance unica: Israele potrebbe essere l’ultimo Stato a nascere dalla violenza dell’epoca passata e il primo a trasformarsi nel simbolo di una nuova era. Questo richiede una scelta netta, un passaggio evolutivo che riconosca il fallimento della violenza e abbracci la pace come via necessaria alla sopravvivenza. In caso contrario, Israele rischia di diventare un “dinosauro” della geopolitica, un residuo di un passato superato che finirà inevitabilmente sconfitto.

Crediti immagine copertina: Francisco Seco/AP Photo