Fonti d’acqua siriane sotto il controllo di Israele: nuova strategia di controllo del territorio

L’attacco aereo dell’aeronautica militare israeliana nei pressi di Damasco di circa due settimane fa ha preso di mira il sito strategico di Tal al-Shahem. Questo attacco si inserisce in un quadro di espansione israeliana in Siria che non si limita ai raid aerei, ma coinvolge anche una silenziosa, ma implacabile, conquista di risorse strategiche. La recente avanzata dell’esercito israeliano nella diga di al-Mantara, nella zona meridionale di Quneyitra, rappresenta un esempio inquietante di come Tel Aviv stia consolidando il suo controllo su infrastrutture vitali al di fuori dei propri confini.

Al-Mayadeen riporta che gli obiettivi degli attacchi erano siti chiave per le comunicazioni militari, radar e armamenti strategici, evidenziando una precisa volontà di disarmare ulteriormente l’esercito siriano. Tuttavia, gli obiettivi di Israele vanno oltre il semplice indebolimento militare del nemico. Il controllo delle risorse idriche strategiche, come dimostrato dalla conquista della diga di al-Mantara e di altre strutture nel bacino del fiume al-Yarmouk, rivela un piano più ambizioso, utilizzare l’acqua come leva geopolitica.

La Siria meridionale, già devastata da anni di guerra civile, è ora teatro di un’escalation che coinvolge Israele, con implicazioni che superano i confini siriani. La diga di al-Wahda, un tempo simbolo di cooperazione tra Siria e Giordania, è stata trasformata in uno strumento di dominio. La Giordania, principale beneficiaria della diga, si trova ora in una posizione vulnerabile, con il 40% delle sue risorse idriche ora sotto il controllo israeliano. 

Il sequestro delle dighe e dei bacini idrici non è un’azione isolata, ma parte di una strategia più ampia che mira a consolidare l’occupazione israeliana nella regione. Sebbene Tel Aviv giustifichi le sue operazioni come necessarie per garantire la propria sicurezza, è evidente che il governo israeliano sta violando il diritto internazionale e persegue il suo obiettivo espansionistico. 

Le conseguenze di questa politica sono gravi, sia per la popolazione civile sia per l’ambiente. Le comunità locali, già stremate dalla guerra, si trovano a dover affrontare una crescente insicurezza idrica, che compromette l’agricoltura, l’allevamento e le necessità quotidiane di milioni di persone. A ciò si aggiunge l’impatto ambientale devastante che vede il controllo delle risorse idriche da parte di Israele ridurre i flussi nei fiumi e nei bacini, minacciando la biodiversità e alterando equilibri ecologici delicati.

Crediti immagine copertina: AFP